Appunti prima delle primarie (per Vanity Fair)

Numeri

Walter Veltroni ha detto che un milione sarebbe un successo. Rosy Bindi ha detto che un milione sarebbe un flop. Il primo ha paura che il confronto con i quattro milioni (mai dimostrati) che votarono Prodi alle altre primarie faccia scomparire il risultato di queste e lo indebolisca quando sarà leader del Partito Democratico. La Bindi invece vuole proprio trovarselo il giorno dopo vincitore ma non stravincitore, e farsi largo. Poi è arrivato Fassino, e ha detto che lui si aspetta i due milioni. Altri hanno calcolato che se ciascuno dei 35mila candidati alle assemblee nazionale e regionali si fa votare in media da cinquanta persone, siamo già sopra il milione e mezzo. Sotto, quindi, sarà pochino. Sopra i due milioni sarà un successo. I numeri, poi, si aggiustano.

Il partito di tutti

Si vota per eleggere l’assemblea costituente del Partito Democratico, che ancora non esiste. E le assemblee regionali. A quella nazionale arriveranno 2400 persone. Si riuniranno in un palasport il 27 ottobre sotto la presidenza temporanea di Romano Prodi. Dal punto di vista progettuale, saranno troppe per decidere qualunque cosa: figuriamoci fare un partito. Probabilmente voteranno la formazione di un organismo più piccolo. Quelli che ne restano fuori, avranno incominciato a occupare dei posti.

Famo americani

Negli Stati Uniti, dove gli elettori si registrano e possono dichiarare la propria affiliazione, il Partito Democratico ne conta 72 milioni (il Partito Repubblicano 55 milioni: 42 milioni si dicono indipendenti).

Zafferano?

Prima di nascere, il Partito Democratico non sa di sé quasi niente. In teoria potrebbe anche chiamarsi in un altro modo, se i costituenti lo decidessero. Quale sarà il suo simbolo? Quale sarà il suo colore? Per ora, la campagna pubblicitaria e il sito internet usano molto l’arancione.

Qualcosa è cambiato

“Per me l’ idea di scindere il leader dal premier è assolutamente inaccettabile” (Romano Prodi, a Repubblica, 30 maggio 2007). Dopo il 14 ottobre il leader sarà con tutta probabilità Walter Veltroni e il premier sarà con tutta probabilità Romano Prodi: scissi.

Uno su cinque ce la fa

I candidati alla guida del PD sono stati sorteggiati per definire l’ordine con cui compariranno sulle schede elettorali:

Mario Adinolfi

Walter Veltroni

PierGiorgio Gawronski

Enrico Letta

Rosy Bindi

Stavolta non mi fregate più

“Se il Partito democratico nasce con i lacciuoli clericali attualmente in campo, non lo voterò” (Michele Serra, 14 giugno 2007)

Eterogenesi dei fini

Lamberto Dini ha annunciato la settimana scorsa che non parteciperà alla costruzione del nuovo partito Democratico e del suo progetto di rinnovamento della politica del centrosinistra. Partecipando quindi al secondo.

Eterogenesi dei fini/2

Valerio Zanone invece ci sarà davvero.

Il primo leader del maggior partito del centrosinistra a dire in pubblico…

“Non potrei mai essere una donna, perché passerei tutto il tempo a toccarmi le tette” (Walter Veltroni, fututo leader del Partito Democratico, citando Steve Martin)

Maldipancismo

Nei manifesti della campagna per il Partito Democratico sono fotografati dei giovani allegri e motivati. In uno di questi, una bella ragazza mora addenta una pesca, ma con tutta la buccia. Forse vuole dire qualcosa.

È stato un attimo

E Anna Finocchiaro? Dopo il congresso dei DS tutti a dire “Anna Finocchiaro, Anna Finocchiaro…”. Tutti a dire è brava, è donna, non è mai stata tra i massimi dirigenti del partito. Poi i DS si sono tutti disciplinati a non ostacolare Veltroni, e l’unica chance di una donna postcomunista al vertice si è perduta.

È stato un attimo/2

E Bersani? Idem.

Punti di vista

“Vedo il futuro Partito Democratico come un Dc di sinistra” (Marco Follini, che se ne intende)

La guerra dei bottoni

Per votare alle primarie basta avere sedici anni. Così, sembra una bella cosa. Ma uno poi si chiede: e perché? Allora che senso ha il diritto di voto a 18 anni, se conveniamo che è giusto che si voti già a 16? Forse è giusto avvicinare i giovani alla politica, senza dar loro già il diritto di voto. Forse.

Arriva un momento, nella vita di un uomo…

Candidati alle primarie del Partito Democratico tra i collaboratori fissi di Vanity Fair: uno, bastardo.

Niente di nuovo sulla costa occidentale

“PD, politica e spettacolo si incontrano a Capalbio” (titolo di una notizia di agenzia)

Nipoti

“Con mio zio Jas ho buoni rapporti, in estate scaliamo insieme le Dolomiti”, Piergiorgio Gawronski intervistato dal Giornale.

Non si sa invece di scalate alpine da parte di Enrico Letta assieme allo zio Gianni.

Grandi battaglie civili

“Io penso a un partito nuovo, in cui vi sia meno presenza mia a ‘Porta a porta’” (Walter Veltroni, che già durante questa campagna si è tenuto molto alla larga dalla tv)

Spigolature

Nessuno dei candidati alla leadership del PD arriva supera i 56 anni (Rosy Bindi, la più anziana, ne ha 56). Nessuno dei candidati alla leadership del PD ha un marito. Ben tre candidati su cinque hanno nel nome una lettera estranea all’alfabeto italiano. Tre su cinque sono stati democristiani (quelli senza vu doppio). Uno è stato comunista, anche se poi ha negato.

Che problema c’è?

“Dobbiamo solo convincerci, per l’ennesima volta, che lo facciamo per il bene del paese. Abbiamo votato B-b-badaloni, abbiamo votato. Adesso c’è il Partito Democratico… E vabbè, che problema c’è…? Ne abbiamo fatte tante, ne abbiamo fatte” (da “Tolleranza Zoro”, il video sulla genesi del PD che sta spopolando su internet).

Vanity fair

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