Quando ho visto le fotografie degli striscioni dei tifosi dell’Inter contro i loro colleghi napoletani, mi ha assalito un gran senso di tenerezza e malinconia. Soprattutto quello che diceva “Ciao colerosi”. “Colerosi”, non è commovente? Ho quarant’anni, sono stato allo stadio sì e no tre volte negli ultimi venti ma quello striscione mi ha riportato a certe liete memorie infantili, quando da bambini il calcio era tutto e sapevo la data di nascita di Bettega e le presenze in nazionale di Krol. Non so quanti casi di colera si siano registrati a Napoli in questi vent’anni, ma il riferimento è evidentemente a tempi in cui ancora non esisteva il quarto uomo e il fuorigioco si capiva. Il messaggio degli interisti, preceduto da quell’affabile e familiare “ciao” (mica hanno scritto “affanculo i colerosi”, fateci caso), voleva coinvolgere gli ospiti e gli spettatori tutti in un’operazione nostalgica e anacronistica, che non a caso eludeva l’ammodernamento geologico portato dalla sloganistica degli anni Ottanta (“stanno arrivando i napoletani, o colerosi, terremotati”) riportando il calendario dello stadio indietro di tre decenni. Commosso da tanto flashback, propongo che, invece di multare e rimproverare, si incentivino operazioni nostalgia analoghe: slogan contro i vicentini magnagatti, canti che irridono la monarchia da parte degli avversari del Torino, e un solo lungo striscione ad accogliere i tifosi della Roma, “Ricordatevi di Porta Pia!”