I have the touch

Poi parliamo anche della sua utilità pratica, ma non ce la diamo a bere. Da sei anni, da quando è uscito il primo iPod, la prima ragione per averlo è sempre stata fare i bulli con gli amici. E ha funzionato a meraviglia, per un po’. Ci restavano secchi. Poi però è diventato il lettore di mp3 più venduto al mondo, e questo ha significato che ce l’avevano anche tutti gli amici, e le mamme degli amici, e i cugini degli amici, e le zie dei cugini degli amici (che a volte erano le stesse mamme degli amici, incidentalmente). Hai voglia a comprare il modello nuovo: non faceva più notizia. E poi spesso il modello nuovo era più figo e più piccolo, ma ci stava dentro meno musica: il bullismo diventava controproducente.

Avevamo quasi messo la testa a posto e rinunciato alle vanitose soddisfazioni di un tempo, quando Apple ha annunciato iPhone: il telefono con iPod dentro, o viceversa. Una cosa che l’aspettavamo da anni, per liberarci dalle doppie cuffie, dai doppi apparecchi in tasca. E soprattutto, una cosa da fare i bulli per qualche settimana buona (prima che ce l’avessero tutti, che costa come uno smart phone Nokia o Sony). Ma si dà il caso che i tempi della vendita in Italia, legati a farraginosi accordi con le compagnie telefoniche, siano piuttosto misteriosi. A questo punto si è determinata una graduatoria di bulli. Bulli da primato: hanno comprato iPhone negli Stati Uniti e si sono fatti anche un abbonamento laggiù. Qui lo esibiscono ammirati, ma al momento di mostrarlo in funzione spendono un botto e quindi per telefonare usano il vecchio Samsung che tengono nell’altra tasca della giacca. Bulli maneggioni: hanno imparato il modo (assai ostico e che complica gli aggiornamenti) di taroccare iPhone e fargli usare le SIM italiane. E i poveri bulli di modesto portafoglio e rispettosi del produttore, che disincentiva il taroccamento?

E qui è arrivato il Touch. L’iPhone senza telefono. Con tutti i ninnoli e fiocchetti dell’iPhone, quelli che stupiscono gli amici. Che a quelli più gonzi non c’è neanche bisogno di confessarlo, che non telefona. È un iPod che si connette a internet quando trova una rete senza fili: e quindi ha un browser, e può acquistare musica online. L’idea è che se siete in un bar e sentite una canzone che vi piace e ne intercettate un verso, potete collegare Touch a internet, cercare il verso su Google, scoprire il titolo, aprire iTunes, ascoltarne un pezzetto e comprare la canzone, scaricarla, e risentirla tutto il giorno: e tutta la vita, volendo. E con lo stesso oggetto (lo farete davvero? Chissà. Ma hai visto mai). E poi ha quelle cose che ha un telefono: l’agenda, la rubrica (la macchina fotografica no). E quelle cose che ha un iPod: la possibilità di archiviare e mostrare foto, di vedere film e video. E uno schermo grande, luminoso, e che si comanda passandoci sopra le dita con effetti che gli amici fanno “oh”. Ma non ha un software di posta, né altri programmini che arricchiscono iPhone (si possono installare con degli inghippi da maneggioni, anche qui). È una Porsche col freno tirato. Potete sbloccare il freno, se siete capaci, o fare i bulli portando gli amici a fare un giretto in centro, piano. Oppure potete godervi da soli la musica, le foto, lo schermo, e la chance di collegarvi a internet se beccate una rete wi-fi aperta: magari avete un telefono che non volete cambiare, e quindi vi basta. Alle brutte potete comprare una Porsche: quella funziona sempre.

Oppure potete aspettare iPhone – va’ a sapere per quanto – e nel frattempo rodervi quando un amico vi mostra il Touch.

Vanity Fair

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