Nothing reallly matters

È bello riconoscere la voce di Madonna, nel suo nuovo disco “Hard candy”. Come dice lei, le sue imitatrici hanno un limite: non sono Madonna. Ma la familiarità immediata è anche un inganno, un ostacolo al constatare che il suo nuovo disco “Hard candy” non è un disco “di Madonna”, come molti che lo hanno preceduto. I dischi “di Madonna” sono quelli che introducevano suoni e andamenti pop nuovi e ricercati nella classifiche di tutto il mondo, sbaragliando il campo delle comparse del genere. Lei stava un passo dietro ai rivoluzionari e due avanti ai conformisti. “Hard candy”, invece, ha dentro gli arrangiamenti ricchi e colossali dei più barocchi produttori hip-hop americani (ma non i geni innovativi con cui aveva lavorato altre volte), e ha la voce di Madonna. Ma non ha quella roba là, non è un disco “di Madonna”.

E però il discorso si può ribaltare: lei compie cinquant’anni, e malgrado la pretesa di essere la bomba del sesso di sempre – attraverso copertine, testi, e servizi fotografici – non suoni più convincentissima, e malgrado lacci, cuoi e stiletti abbiano un po’ stufato, è anche vero che non puoi essere tutta la vita più avanti di te stessa. Arriva un momento in cui rimani un po’ indietro, e allora costruisci tutto alla perfezione, e cerchi di fare Madonna. Chiami i professionisti, la ributti sul sesso. Ti viene comunque una cosa senza una sbavatura, piena di suoni e ritmi, che si balleranno tutta l’estate e rimbalzeranno nelle radio. Soprattutto in America, dove non si annoiano mai di queste cose. Un disco divertente, se hai modo di sentirlo a volume alto e con i finestrini aperti: “ritmi dove un tempo c’erano delle melodie”, ha scritto il Times. E un paio di canzoni che le puoi ancora canticchiare. Ma alla fine dell’estate il mondo starà già occupandosi d’altro, e per la prossima volta – col nuovo contratto discografico – sarà meglio cominciare a farsi venire qualche idea.

Gazzetta dello Sport

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