Questo abbiamo

L’unica – l’unica – obiezione che mi sento di fare alla lettera con cui Marta Meo spiega che non partecipa alla riunione della costituente del PD, è che le sue critiche alla suddetta mi sembrano un po’ tardive. Questo sono io, esattamente un anno fa:

“Bene, e adesso andiamo con lo sforzo di memoria: queste primarie, ricorderete, sono nate con l’obiettivo di eleggere quell’apparecchio roboantemente denominato Assemblea Costituente (sempre tutto maiuscolo, per tic Repubblicano). Ovvero un’istituzione che avrebbe stabilito regole, principi e criteri di costruzione e vita del Partito Democratico. L’idea, ottima, aveva allora un solo limite, assai poco discusso: la pretesa che tale assemblea fosse composta da 2375 persone. Duemilatrecentosettantacinque. Strano che nessuno ne abbia sottolineato l’assurdità, no? Riuscite a immaginare che un simile consesso possa essere in grado di deliberare su qualcosa? Il parlamento della Repubblica Popolare Cinese ne ha quasi tremila, è vero, ma in tempi di discussione sulle istituzioni troppo popolose, la scelta suona davvero ridicola. Finirà che dovranno eleggere un altro comitato più ristretto, si immagina. La scelta si può pure spiegare col fatto che si è deciso di eleggere cinque rappresentanti per ognuno dei 475 collegi del Mattarellum, ma questa è una spiegazione che non la rende meno assurda. Come hanno indicato in molti, la forma più congrua all’elezione democratica di un organismo costituente è il proporzionale puro su base nazionale, punto: e questo avrebbe consentito anche una più sensata assemblea di qualche decina di persone che rappresentasse tutti. Qualcuno vi dirà anche che l’elezione di 2375 persone serve a creare l’ossatura di un sistema di rapporti di forza e poltrone dentro il nascente PD, ma converrete che anche questa non sia una spiegazione che trova spazio nell’idea della “bella politica”.

Al di là dei numeri, restava però valida l’ottima intenzione e il suo percorso: far eleggere ai potenziali simpatizzanti le persone che avrebbero costruito la forma del partito, fossero 30 o 2375. Poi, c’è stato il primo incidente grave, e gravemente sanzionato da tutti: la nomina regia di quel Politburo dei 45 che ha subito preso schiaffi da destra e da manca, e da alcuni dei suoi stessi membri. Perché era stato creato lottizzandolo tra DS, Margherita e prodiani (quelli rimasti); perché era stato ampliato progressivamente con la stessa sfacciataggine che ha dato alla presente maggioranza di governo 105 sottosegretari; e perché l’elenco dei nomi tutto suggeriva fuorché la tanto esibita prospettiva di rinnovamento. Se ne è già detto male a sufficienza, comunque.

Il problema vero però, è nato dalla prima delibera forte del Politburo, vantata come esempio della sua capacità decisionale: quella per cui il leader del PD sarebbe uscito dalle primarie contestualmente all’elezione della costituente. Anche qui, si potrebbe discutere di una palese violazione dello spirito della costituente: se di costituente si tratta, non si può imporle a priori una norma già fatta. Non mi interessano le ragioni strategiche dei sostenitori o degli oppositori della scelta: il punto è regolamentare. Si elegge la costituente, e la costituente democraticamente e responsabilmente costruisce il partito e ogni sua norma: non si può eleggere una costituente a cui si dica “Però aspettate: i modi di elezione del segretario del partito sono già decisi, e si è anche già deciso chi sia, prima che voi vi insediaste”. Sono metodi monchi che andavano bene con lo Statuto Albertino”

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