Aderisco a quello che scrive Massimo Mantellini sulla pretesa del ministro Sacconi di non aver detto “vaffanculo”: bastava dire “sì, ho detto vaffanculo, e ‘mbè?. Ma aggiungo che nel ricco catalogo di ipocrisie dialettiche nazionali, ha un suo comico posto la categoria del “che fai, offendi?”; e la sciocca associazione tra dire delle parolacce e “offendere”, assieme al ridicolo tono ferito e vittima di chi si definisce “offeso”. Vi ricorderete quando da bambini in diverbi e prese in giro una a un certo punto la dicesse più grossa, e l’altro si inalberasse indignato: “che fai, offendi?”. Oppure quelli che vi spiegano con vocaboli sobri e sensati che non capite un accidente e che dovreste andare a rinchiudervi in un tombino e non uscire mai più, e voi stupiti gli dite “ma sei scemo?”: e quelli “ah, ricorri alle offese!”. Ormai siamo a che se al bar uno importuna la vostra ragazza, e voi lo pregate risolutamente di non fare il fesso, quello vi dice “ah, non hai argomenti, e quindi passi agli insulti, eh?”.
Insomma, andate un po’ tutti affanculo, intanto, e poi parliamo.
“Acchìe?”
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