Weeklypedia (dove si parla di Opus, Bava Beccaris, Art Spiegelman, Gabriel Kahane, Cesare Cardini, Ivor Guest, Edie Brickell)

Opus era il titolo di una tavola domenicale disegnata da Berkeley Breathed per circa cinque anni tra il 2003 e il 2008. Fu la quarta striscia di Breathed, dopo Academia Waltz, Bloom County e Outland.
Ambientata nella Bloom County, la striscia raccontava le avventure del popolare pinguino Opus, prendendo in giro parallelamente temi della cultura pop e della politica. All’inizio di ottobre 2008 l’autore ha dichiarato che avrebbe chiuso la serie in seguito ai suoi timori di tempi duri in arrivo per gli Stati Uniti e al suo desiderio di separarsi dal suo personaggio più famoso “con leggerezza”.

Dice Berkeley Breathed che sono tempi grami per le strisce a fumetti. Anche in America, dove lo spazio offerto ai comics è una tradizone dei quotidiani, di tutti i quotidiani. Dice Berkeley Breathed che la crisi dei giornali di carta travolge le strisce, che sono difficlmente convertibili alle abitudini di lettura sul web. Dice Berkeley Breathed che è da un quarto di secolo – ovvero dalla nascita di Calvin & Hobbes –  che il fumetto a strisce non crea qualcosa di “storico”, che rimane. Dice Berkeley Breathed che poi si annunciano tempi grami in generale, e allora meglio andarsene prima di doverli raccontare: “ho una parte Michael Moore di me che mi fa diventare cattivo”. E insomma, Opus, l’ultima serie delle strisce di Breathed col pinguino omonimo chiude oggi. Oggi esce l’ultima tavola domenicale sui quotidiani che lo pubblicano. In Italia arrivò tramite Linus, come tutte le grandi strisce americane. Opus deve il suo nome a una canzone dei Kansas: “e se siete troppo giovani per sapere chi fossero i Kansas, beh, peggio per voi”, ha detto Breathed.

Ivor Churchill Guest, primo Visconte di Wimborne (16 gennaio 1873 – 14 giugno 1939) fu un politico britannico e uno degli ultimi Lords Luogotenenti di Irlanda, titolare della carica ai tempi della Rivolta di Pasqua.

In realtà io non cercavo questo Ivor Guest: quello che cercavo io è il produttore del nuovo disco di Grace Jones e suo fidanzato (per quanto si possa essere “fidanzati” con Grace Jones). Ma non ha una pagina su Wikipedia, e su di lui ho trovato poco. Se non che dev’essere un aristocratico discendente di questo Ivor Guest (è quarto Visconte di Wimborne), oltreché imparentato con la famiglia reale.
Però, siccome tutto si tiene, il fu Ivor Churchill Guest è risultato essere il terzultimo rappresentante della Corona sul Regno d’Irlanda prima dell’indipendenza, ovvero quello in carica all’inizio del film Michael Collins, che già fu raccontato in una pagina di Weeklypedia, ad agosto.

“What I am” è una canzone scritta da Edie Brickell e Kenny Withrow e incisa da Edie Brickell & the New Bohemians nel loro primo disco, Shooting rubberbands at the stars (1988). Arrivò al numero trentuno in Inghilterra e al settimo posto nella classifica di Billboard negli Stati Uniti. Fu classificata al settantunesimo posto nella lista delle migliori 100 Meteore della rete VH1, ed era stata usata in un episodio del 1989 di Miami Vice.

Edie Brickell fece un bel colpo con “What I am” e con un’altra bella canzone in quel disco: “Circles”. E poi, meteora appunto, scomparve. Aveva ventidue anni ed era di Dallas. Quest’anno ha pubblicato un nuovo disco con il suo figliastro, ma non se n’è accorto nessuno.
Comunque, capita a molte coppie di avere una canzone con la quale ci si è innamorati. Ma la canzone con sui si innamorò Edie Brickell era sua, e la stava cantando lei: e questo non capita a molti. Successe che l’avevano invitata a cantare “What I am” al Saturday Night Live, in televisione. Quando venne il loro momento, lei e la band attaccarono la canzone: ma a un certo punto fu distratta da una faccia, un uomo in piedi davanti a un cameraman, e quasi sbagliò le parole. Quell’uomo era un altro ospite dello show, Paul Simon. Paul Simon di Simon & Garfunkel, insomma. Aveva venticinque anni più di lei. Si sposarono quattro anni dopo e stanno ancora assieme.

Cesare Cardini (24 febbraio 1896 – 3 novembre 1956) era un ristoratore e albergatore di origine italiana a cui è attribuita l’invenzione della Caesar Salad. Era nato sul lago Maggiore e aveva almeno quattro fratelli: Alessandro, Carlotta, Caudencio e Maria. Mentre le sorelle rimasero in Italia, i tre fratelli emigrarono in America. Alessandro e Caudencio entrarono nella ristorazione a Città del Messico. Alessandro poi divenne socio di Cesare a Tijuana.
Cesare aveva lavorato in Europa e si era trasferito negli Stati Uniti a vent’anni. Aprì un ristorante a Sacramento, e poi si spostò a San Diego. Contemporaneamente aprì anche a Tijuana, dove si poteva sfuggire alle regole del proibizionismo.

Dice il New York Times che il ristorante di Tijuana fa fatica a vendere le sue leggendarie insalate. La Caesar Salad sarebbe stata inventata da Cardini una sera del 1924 che non c’era più niente da dare ai clienti: così aveva preso quel che c’era – insalata, pezzi di pane, aglio – e l’aveva buttato in una scodella. Le acciughe le avrebbe aggiunte Alessandro, secondo una versione. Il problema è che oggi ai turisti americani è sconsigliato di mangiare verdure crude in Messico, per timore che l’acqua con cui sono lavate non sia sufficientemente pulita. E così l’attuale gestore del ristorante di Tijuana che ha ereditato il nome cerca di proporre il piatto ai clienti che arrivano dall’altra parte del confine, ma loro sono diffidenti. Il cronista del New York Times si è fidato e l’ha trovata buonissima (adesso ha dentro anche parmigiano, aceto, salsa Worcester, uova e senape).

Nessuna corrispondenza nei titoli delle pagine.
La pagina “Gabriel Kahane” non esiste. È possibile crearla ora.
Attenzione! L’indice del database viene aggiornato ogni 40 ore circa: le pagine scritte recentemente potrebbero non comparire ancora tra i risultati della ricerca.

Niente: la pagina su Gabriel Kahane non c’è. Eppure a me il suo sembra il più bel disco di questa stagione. Ho dovuto fare senza Wikipedia: esperienza straniante. Ho scoperto che vive a Brooklyn, fa anche l’attore e l’autore teatrale, si attacca a ricche e colte citazioni letterarie, ma prima aveva anche messo in musica degli annunci trovati sul sito web Craigslist. Aveva suonato il piano e cantato con Sufjan Stevens, genio creativo musicale di gran culto in questi anni, e un po’ si sente. Il Wall Street Journal gli ha fatto un sacco di complimenti, due settimane fa, ricordando che è figlio di un grande pianista classico e direttore dell’Orchestra Sinfonica del Colorado. Io intanto sono diventato suo fan su Facebook: siamo ottantadue.

Art Spiegelman (Stoccolma, 1948) è un autore di fumetti statunitense. Spiegelman è codirettore della rivista di fumetti e grafica Raw, di cui è stato uno dei fondatori, ed è tra gli artisti che hanno compilato e illustrato graficamente i lemmi del Futuro dizionario d’America (The Future Dictionary of America, pubblicato da McSweeney’s nel 2005). Ha pubblicato svariati lavori su riviste statunitensi come New York Times, Village Voice e New Yorker. In Italia le sue storie sono pubblicate dal settimanale Internazionale. Nel 1982 ha ricevuto il Premio Yellow Kid a Lucca. Attualmente insegna alla School of Visual Arts di New York.
Art Spiegelman deve la sua fama principalmente ad un’unica opera, Maus, un romanzo (auto)biografico in fumetti pubblicato tra il 1973 ed il 1991, dove si narra la storia del padre, Vladek Spiegelman, un ebreo polacco sopravvissuto alla Shoa.

Maus, appunto. Qualche giorno fa Slate, il giornale online, ha analizzato la sua opera per cercare di capire se sia possibile per Spiegelman disegnare qualcos’altro di valido dopo Maus (che vinse un Pulitzer nel 1992). Di recente è stato ripubblicata una sua vecchia raccolta di storie, Breakdowns. Secondo Slate la metà della storia mancante in Maus (il diario di sua madre, bruciato da suo padre) è anche la metà della storia che manca a Spiegelman: Anja si suicidò nel 1968. Spiegelman ne parla nell’introduzione a Breakdowns, e racconta di come lei gli comprò la sua prima rivista a fumetti (era Mad): “ma non dirlo a tuo padre”. Nella postfazione, Spiegelman dice di avere nostalgia per quel disegnatore più eclettico e arrogante che era ai tempi delle storie di Breakdowns, prima di Maus. Secondo l’articolo di Slate è un’invidia che cela un senso di colpa, quello di ogni grande artista che ha creato una grande opera raccontando le sofferenze dei suoi cari. E gli schizzi che aveva dato al penultimo numero di McSweeney’s, la rivista di Dave Eggers, sembrano raccontare un uomo pieno di ansie e consapevolezza di sé e delle sue inadeguatezze. “Se la tua opera è l’olocausto”, dice Slate, “dopo che fai?”.

Fiorenzo Bava Beccaris (Fossano, 17 marzo 1831 – Roma, 8 aprile 1924) è stato un generale italiano, noto soprattutto per la feroce repressione dei moti milanesi da lui guidata nel 1898. Dopo aver partecipato alla Guerra di Crimea e alle Guerre d’Indipendenza del 1859 e del 1866 (ottenendo il 6 dicembre 1866 il Cavalierato dell’Ordine Militare d’Italia), divenne Direttore generale d’artiglieria e genio al Ministero della Guerra, e tenne il comando del VII° e del III° Corpo d’Armata.
Nel maggio 1898, in occasione dei gravi tumulti milanesi – passati alla storia come la “Protesta dello stomaco” – il governo guidato da Antonio di Rudinì proclamò lo Stato d’Assedio e il generale, in qualità di Regio Commissario Straordinario, ordinò di sparare cannonate sulla folla provocando una strage. In segno di riconoscimento per quella che dalla monarchia fu giudicata una brillante azione militare, Bava-Beccaris ricevette il 5 giugno 1898 dal re Umberto I la Gran Croce dell’Ordine Militare di Savoia, e il 16 giugno 1898 ottenne un seggio al Senato. Il 29 luglio del 1900, a Monza, Umberto I venne assassinato dall’anarchico Gaetano Bresci, che dichiarò esplicitamente di aver voluto vendicare i morti del maggio 1898 e l’offesa della decorazione a Bava-Beccaris, il quale definì il regicida “Un folle che meriterebbe di subire lo squartamento”. Fu collocato a riposo nel 1902.

Bava Beccaris almeno lo collocarono a riposo, mica lo fecero senatore a vita.

 

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