Quattro anni fa Michele Boroni mi parlò di un pianista bravo che aveva sentito, e mi chiese se mi interessasse conoscerlo, perché aveva una storia interessante. Io andai insieme a un paio di altri amici in un affascinante deposito di negozio di pianoforti, e questo Giovanni Allevi ci suonò delle cose molto piacevoli (io adoro il pianoforte, razionalmente e irrazionalmente) e ci parlò di sé. C’era una storia interessante, e ne facemmo un’intervista per Vanity Fair (in cui c’era già molto del dopo).
Dopo, lui cominciò ad andar forte. Io fui contento per lui, ma gli altri suoi cd che mi mandarono sono ancora nel cellophane. Dopo un po’ le sue cose mi sembravano noiose, e c’è tanto buon pianoforte da sentire altrove.
Adesso, le successive accelerazioni del boom italiano di Allevi, generate da un efficace campagna di comunicazione e da una diffusa psicologia da gregge che si crede lupo radicata nel paese, hanno creato un controfenomeno: quelli che odiano Allevi.
Ed è vero che la pretesa che Allevi sia ‘sto fenomeno è figlia di solo di scarsa dimestichezza con la musica altra da Laura Pausini, ed è piuttosto esagerata: par di essere tornati a quanto tutti compravano Norah Jones convinti di stare ascoltando del jazz. Ma secondo me lui è un bravo ragazzo, che peraltro suona bene il pianoforte (che voglio vedere voi), un po’ rapito dai meccanismi che gli hanno dato la fama: ma anche su questo, vorrei vedere voi. Dice qualche fesseria megalomane, e lo invitano al Senato. Ma ammesso che questo basti a farvi venire un travaso di bile, il problema è che a insisterci troppo, si fa la figura degli invidiosi. Magari lo si è, magari no: ma la figura viene lo stesso. Meglio abbozzare, no? A meno di essere Uto Ughi.
p.s. ieri Allevi ha risposto a Ughi, rivendicando giustamente i suoi studi, ma aggravando la sua posizione con la tesi che se uno suona il pianoforte, allora è musica classica e non pop
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