Il fallimento del voto su Facebook e le sue implicazioni di cui parla oggi su Repubblica Vittorio Zambardino sono solo un’altra dimostrazione del processo di mainstreamizzazione di internet, e della sua progressiva colonizzazione da parte dei “tardivi” di internet (in opposizione ai “nativi”, e agli “ibridi”). La rete sta accogliendo con nuovi spazi familiari e più tradizionali tutti quelli che erano stati finora spiazzati dalle sue modernità e novità, e i nuovi coloni vi stanno riproducendo i meccanismi più consueti del mondo di fuori e di prima. Uno di questi è l’indifferenza nei confronti della gestione delle cose e della loro evoluzione, scelta estranea a questi utenti. Utenti, appunto.
Non c´è il quorum. La gente non sta andando a votare perché – lo dicono i gruppi di opposizione – il “governo” non ha adeguatamente pubblicizzato la consultazione. E perché la soglia di partecipazione, un terzo dei 200 milioni di aventi diritto, era proibitiva. Un “inganno” alla fiducia delle persone, è stato scritto. Nel nostro paese avrebbero dovuto votare in 3 milioni e passa (11 milioni gli iscritti), e siamo all´1%. Si vota fino al 23 aprile. Tutto questo non avviene in Italia, ma su Facebook. Dove una vera e propria mobilitazione internazionale (con tanto di “sciopero degli utenti”) aveva costretto l´azienda a sottomettere la carta delle “condizioni d´uso” alla consultazione “popolare”. Nocciolo dello scontro è il diritto, che Facebook si riserva, di usare per proprio conto e finalità ciò che le persone pubblicano: foto, pensieri, video. Così, giorni fa, e in silenzio, è stato convocato il referendum. Ma non c´è stata “campagna elettorale” e le elite non fanno massa. Il quorum è lontano. Il “cittadino elettronico” perde un´illusione.
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