Avere torto avendo ragione

La puntata di ieri di AnnoZero ha avuto dentro un po’ di tutto, come al solito. Le interviste a Vittorio Feltri e a Filippo Facci valevano la pena di essere viste: Formigli è stato bravo a chiedere a Feltri le cose che non gli chiedeva nessuno, e Feltri è come Nixon del film, o come Al Capone: per presunzione e machismo non si sottrae, e un giorno la dirà così grossa che si metterà nei guai. Il resto era abbastanza routine, in cui spiccavano solo alcuni momenti di argomentazioni particolarmente fantasiose e assurde usate da parte dei presenti a favore di tesi fragili. Tra tutte, è spiccata quella del senatore Bocchino che ha tirato in ballo la morte in circostanze sospette di Marilyn Monroe per sostenere che anche JFK aveva degli scheletri nell’armadio, e allora smettetela di rompere le scatole a Berlusconi. Belpietro si è fatto riconoscere per volgarità di atteggiamento nei confronti di Concita De Gregorio, e lei si è fatta riconoscere per la solita pazienza e autocontrollo, anche se ieri sera è andata vicina a perderli come non mai. A un certo punto ha cercato di spiegare una cosa che nessuno dice, ovvero che in tutta questa storia di abomini vari, l’abominio per cui le donne e la droga vengono discussi sullo stesso piano grida particolarmente vendetta. Ma era una cosa così poco scandalosa per gli uomini presenti, che neanche hanno capito cosa stava dicendo.

Ma nella catastrofe argomentativa dei difensori del centrodestra, Bocchino ha avuto ragione due volte contro Franceschini. Una su una cosa esagerata e strumentalizzata dal centrodestra, ovvero la cena a cui D’Alema e Tarantini avrebbero partecipato assieme. Esibirla come scandalo da parte di gente che sta nascondendo disastri ben peggiori è ridicolo, ma è vero che la versione per cui a quella cena D’Alema non si è neanche seduto non è ancora molto convincente. Io lo trovo irrilevante nel merito, ma questa è una ragione di più per evitare di dire balle.
La seconda ragione di Bocchino è più forte, più grave, e meno vaga. Bocchino ha accusato Franceschini di avere candidato alle europee l’ex ministro De Castro solo perché questo avrebbe liberato il seggio di De Castro al Senato per il primo dei non eletti, Alberto Tedesco, da poco dimessosi da assessore regionale a causa di un’inchiesta nei suoi confronti. Diventando senatore, Tedesco avrebbe così beneficiato dell’immunità parlamentare (tutto questo è poi avvenuto). Franceschini si è indignato scandalizzato e ha ribattuto che De Castro è andato in Europa per le sue indiscusse competenze, e che le dimissioni di Tedesco da assessore dimostrano la limpidezza della sua reazione a quell’inchiesta.
Ma questa seconda cosa è priva di senso: se uno si dimette da assessore perché messo in discussione da un’inchiesta, poi non va a fare il senatore ignorando la stessa contraddizione, anzi maggiore. E in più, che questo tipo di valutazione fosse pesato nella candidatura di De Castro era cosa che si era ampiamente detta e scritta a suo tempo, e dentro il PD molti l’avevano ammessa.

La soluzione De Castro qualora dovesse essere confermata stamattina, allenterebbe la tensione fra Emiliano e l’ ex assessore regionale Alberto Tedesco, che aveva minacciato di non sostenere il sindaco di Bari alle amministrative qualora il Pd avesse continuato ad ignorarlo. Nel caso in cui De Castro fosse eletto europarlamentare, per Tedesco si aprirebbero le porte di Palazzo Madama visto che alle ultime politiche il leader dei socialisti autonomisti era risultato il primo dei non eletti.

La nomination di De Castro consentirebbe di liberare un seggio a Palazzo Madama, dove si accomoderebbe il primo dei non eletti: Alberto Tedesco. L’ ex assessore regionale alla Salute minaccia di tirare i remi in barca alle comunali di Bari, se non dovesse essere accontentato.

Francesco Boccia spara sulle liste democratiche per le europee e spiega che De Castro è capolista al sud affinchè si liberi un posto in Senato per Alberto Tedesco, ex assessore e neoindagato. «Non può essere questa la nostra etica». Francesco Boccia, deputato e docente universitario, è uno dei tanti dirigenti del Pd che non hanno gradito le liste con cui i democrat si presentano alla sfida delle Europee. «Dicevo, appunto, che per poter essere credibile sul conflitto d’interessi di Berlusconi, il Pd deve essere inappuntabile. E invece anche noi, per quanto ci indignamo di fronte a magagne altrui, abbiamo nelle nostre file ingegneri che fanno gli assessori all’Urbanistica, palazzinari che stanno nelle istituzioni, governatori regionali che si occupano delle nomine nelle Asl e via dicendo. Io sono un amico personale di Paolo De Castro. Nonostante questo, però, ero e sono totalmente contrario alla sua candidatura. Per carità, paolo non c’entra, sono altri che l’hanno convinto a fare questo passo. In questo momento non avevamo certo bisogno di fare a Di Pietro e ai suoi un regalo del genere?»

La notizia battuta dalle agenzie ieri pomeriggio da Bari sembrava una delle tante da rubricare nella cronaca giudiziaria locale: perquisita la casa di Alberto Tedesco, ex assessore socialista alla Sanità nella giunta Vendola, che si era dimesso a febbraio dopo l’iscrizione nel registro degli indagati. Su di lui la Direzione distrettuale antimafia di Bari aveva aperto un’inchiesta su presunte tangenti. E invece la storia ha un risvolto tutto politico e apre un caso molto spinoso per i vertici democratici. Tedesco è il primo dei non eletti al Senato dopo Paolo De Castro fresco di candidatura alle Europee nella circoscrizione Sud. Se il capolista De Castro, come è presumibile, sarà eletto all’Europarlamento, gli subentrerà un inquisito che acquisterebbe l’immunità. «Non mi piacerebbe averlo nel mio gruppo», fa sapere preoccupata la presidente dei senatori Democratici, Anna Finocchiaro. Di tutt’altro tono la reazione del vicecapogruppo di fede dalemiana Nicola Latorre: «Qual è il problema? Quando si porrà la questione ne discuteremo. Le liste le facciamo noi, non la Dda di Bari!».Il problema è che una parte del Pd, a cominciare da Enrico Letta, aveva sconsigliato vivamente De Castro ad accettare la candidatura. E nove parlamentari pugliesi, tra i quali il lettiano Francesco Boccia, hanno scritto a Franceschini per protestare sulle «incomprensibili scelte» per Strasburgo. Ma De Castro, che è presidente della fondazione dalemiana «Red», è stato scelto dal segretario del Pd, sponsorizzato da Massimo D’Alema: e Romano Prodi, di cui De Castro è stato ministro dell’Agricoltura, gli ha consigliato di accettare. «Io – dice ora De Castro – me ne stavo tranquillo al Senato, non ho chiesto di essere candidato: ho accettato per spirito di servizio. Adesso c’è un problema politico che dovranno risolvere a Bari e a Roma, io continuerò a fare la mia campagna elettorale». De Castro, dunque, smentisce le voci di un suo ritiro dalla corsa europea per evitare che Tedesco gli subentri al Senato e che Antonio Di Pietro faccia una bella campagna elettorale sui temi giustizialisti.

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