In pace con tutti

Antonio Pascale mi ha gentilmente fatto avere il testo del capitolo del suo libro su Berlusconi e il tè verde, che avevo citato qualche giorno fa e di cui incollo qui una parte.

Per i non addetti ai lavori, il tè verde si ottiene dalle foglie della Camelia thea che però una volta raccolte non vengono fatte fermentare né seccare, come invece accade con gli altri tipi di tè. In questo modo gli elementi minerali contenuti nelle foglie non sono dispersi e il tè verde si presenta ricco di antiossidanti, vitamine, minerali (zinco, manganese, potassio, magnesio), alcaloidi vari e polifenoli. Contemporaneamente le foglie del tè verde mantengono basso il contenuto di teina e caffeina. C’è da dire però, cosa buffa ma non strana, che il tè verde non ha particolari aromi, perché questi ultimi si ottengono dal processo di fermentazione.

E qui c’è una prima curiosità: il tè verde è usato per profumare alcuni detergenti. Curioso: una foglia non profumata che viene impiegata per dare profumo. Il fatto è che il tè verde è da qualche anno diventato un fenomeno alimentare di massa. Grazie a un’attenta, intensa operazione di marketing, il tè verde si è accreditato ai nostri occhi come l’erba curativa per eccellenza. Basta, secondo la pubblicistica, la sua infusione per curare molti malanni, dai più semplici a quelli più gravi. L’elenco è lungo, varia, se proprio si vuole riassumere, dalla carie al cancro, dall’ipertensione a svariate infezioni virali.

Ora, il tè verde è un prodotto antico ma solo relativamente da poco sono state scoperte le sue proprietà e accettate da una gran massa di consumatori. Perché? Su cosa si basa? Gli esperti suggeriscono una risposta: la new age, l’ideologia new age, ossia, una sorta di ideologia romantica degradata e modernizzata, una controcultura nella quale si muovono senza problemi la visione antindustriale, la filosofia del sapere nostalgico, ovvero il sapere millenario delle antiche culture – per dire, le vecchie e buone erbe di una volta di certo migliori e più umane delle medicine che la modernità ci infligge. Questa ideologia ha eletto il tè verde come sua bevanda rappresentativa. Del resto, si sa, la new age è la nostra nuova abitudine, più o meno blanda. Ci protegge dalle sfide della modernità.

(…) La new age poi non è in opposizione a qualcosa, è in pace con tutto e tutti. Figurarsi se si oppone al capitalismo. Quindi, quale migliore religione per opporsi senza opporsi? Ho un timore. Solo da noi la new age è così forte. A sinistra e a destra. Piace a tutti. Siamo tutti un po’ magici. Amiamo la natura e ci piace comprare prodotti naturali. La società industriale non ci piace. La burocrazia ci ossessiona, gli intrighi ci abbattono – io, tra l’altro, devo ancora andare a scuola per la questione di mio figlio, mica è chiaro in che classe lo mettono.

E siccome siamo abituati a cercare nell’altro il responsabile dei nostri fallimenti, poiché il melodramma è la nostra musica d’elezione, ossia le condizioni sono sempre avverse e sfavorevoli – mai che pensiamo che siamo artefici delle nostre condizioni – insomma visto il nostro modello di riferimento, è facile che cerchiamo nella new age la nostra sana abitudine per rimediare.

La new age, di fatto, abolisce la ricerca che deve compiersi nel secondo atto. Quando la soluzione è complessa basta dichiarare di avere fiducia in qualcuno o in qualcosa, anche perché il qualcuno o il qualcosa presenta sottili connessioni con te. La soluzione ti appare. Poi d’accordo è semplicistica, retorica, spesso una vera puttanata, ma tanto basta. È la nostra abitudine.

E qui torna il tè verde. La sua diffusione è in diretta proporzione con la diffusione del pensiero magico. Dove si trova il tè verde? Dovunque. In bevande alcoliche, nella gomma da masticare, nelle caramelle, nei detergenti, nei dentifrici, nelle schiume da bagno e negli shampoo. Si trova anche nei prodotti per lavare indumenti. Ora, per quale principio fisico-chimico, gli elementi miracolosi del tè verde dovrebbero passare dal dentifricio al tuo corpo? Come fanno a passare dal bagnoschiuma alla tua pelle e da qui arrivare, senza subire modificazioni, direttamente in circolo? Come fanno a passare, per esempio, dall’accappatoio, precedentemente lavato con sapone al tè verde, e dalla spugna alla pelle e da questa in circolo, direttamente nella nostra linfa vitale? La spiegazione non c’è. Almeno non è fisico-chimica. Si chiama «principio d’incorporazione». È un principio magico, new age, appunto. Siamo convinti di potere assorbire il principio vitale semplicemente mangiandolo o ancora più semplicemente mantenendo una vicinanza simbolica al principio primo. La sua sola presenza presuppone un benefico contagio con l’esterno. Non importa la quantità. Perché nel pensiero magico la quantità è un concetto che nessuno considera, come del resto alcuni intellettuali di cui sopra non credono alle produzioni quantitative. Loro non mangiano, incorporano qualità.

In una società come quella italiana, che ha fatto un balzo in avanti e ne sfrutta i benefici senza considerare i costi, una società il cui ceto intellettuale è composto da preti, cardinali un po’ saggi e un po’ egoisti e letterati che rimpiangono, in questa società, dove il futuro è segnato oramai dall’apocalisse, cosa resta da fare per cercare di definire il proprio spazio? A quale santo bisogna votarsi? Quale principio primo bisogna incorporare affinché un po’ di energia benefica giunga fino da noi? Berlusconi. Un uomo che abbiamo in un modo o nell’altro incorporato, alcuni convinti che andava mangiato per distruggerlo, altri che bastava la sola vicinanza per avere un beneficio tangibile. Ha trovato la strada già segnata. Pensiero magico, rimpianti, difficoltà ad usare gli strumenti che la modernità ci mette a disposizione. Confusione. Mancanza di punti di riferimento. Una cosa vale l’altra.

Così Berlusconi è diventano il nostro tè verde politico. Il principio primo della cura. L’archetipo del ci penso io, però non fare domande. È facile. Ti faccio credere che sei come me; di sicuro se hai dei sogni, grazie a me possono risplendere. E chi è oggi che non ha dei sogni? È l’epoca del talento diffuso. Il talento è il buon viatico per il domani. Dei Tuareg non ce ne facciamo niente. Sono andati. Berlusconi lo sa. Quelli della sinistra sono degli sfigati.

Del resto il terreno è stato già spianato. Da anni. Così lo vediamo allietare giovani ragazze e maturi capi di Stato, frequentare le ville borghesi e quelle proletarie, le periferie del Napoletano e il centro del mondo. È ubiquitario. Ha invaso anche gli spettri. Lo vediamo rilanciare, non mollare mai e può farlo, può incidere, perché sono anni e anni che il concetto di misura, a destra e a sinistra, è andato perduto e al posto delle unità di misura è fiorito, per successive gemmazioni, il pensiero magico, che come si sa appiana tutto e rende più forti i simboli e i simboli garantiscono la vicinanza.

E sempre a proposito di pensiero magico e di vecchie tradizioni. Una è interessante: in alcune antiche culture l’usanza era quella di dar da mangiare al capo, allietarlo con banchetti faraonici e prelibatezze. Un eccesso di alimentazione. Semplice sillogismo: riempiendo il ventre del capo si riempiva anche quello dei sudditi. Così mentre pensiamo ai cammelli, ai Tuareg, insomma a corpi scomparsi – sempre di simboli si tratta – Berlusconi ha pensato bene di usare il suo corpo e metterlo al servizio del principio d’incorporazione. Lui riempie il nostro ventre e noi riempiamo il suo.

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