That’s love

queste continue “linee di frattura” che di volta in volta individuano un “nemico” (quanti ne possiamo contare dall’inizio della legislatura, dai “negri”, ai “froci”, ai “fannulloni”?)

Faccio una riflessione banale, riattizzata dalla considerazione qui sopra contenuta nell’articolo di oggi di Peppe D’Avanzo. L’altroieri ho sentito un commento favorevole al saluto di Berlusconi fatto circolare dopo l’attentato.

“Grazie di cuore ai tantissimi che mi hanno mandato messaggi di vicinanza e di affetto. Ripeto a tutti di stare sereni e sicuri. L’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio”.

Una persona mi ha detto: dai, ha fatto bene a parlare di “amore”, in questa situazione. Ma Berlusconi non ha parlato di amore, le ho spiegato: ha parlato di “amore che vince sull’invidia e sull’odio”. Non è amore, questo. Non è di amore che parla: parla di odio, parla di “vincere”. Parla ancora di fare la guerra ed eliminare il nemico. L’amore non “vince”: per vincere bisogna combattere, e allora non stiamo già parlando più di amore.
Mi ha fatto impressione anche un’altra cosa: come alcuni giustizialisti di indole e professione abbiano privilegiato, nella loro condanna dell’attentato, la necessità di “punire il colpevole”: un tic rivelatore, quello che pensa alla punizione dell’aggressore prima che al soccorso della vittima, e che è di fatto il manifesto di almeno un partito politico di questo paese.
Capite che il discorso se ne sta andando sulla prevalenza dell’odio sulla generosità, del desiderio di male piuttosto che di bene, ed è un discorso sia facile che complesso e che ci tiriamo dietro da un pezzo.
Quindi torno alla banalizzazione che ne volevo fare: ci sono persone in questo paese che pensano – per attitudine, non per metodo empirico – che il problema del male si debba affrontare eliminando e umiliando i cattivi. Ci sono persone che invece pensano che si debba cercare di far diventare tutti più buoni.

p.s. ci passa la differenza che passa tra le Crociate e Gesù Cristo, già.

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2 commenti su “That’s love

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