Mario Pirani racconta la storia del contratto offerto e poi ritirato a Ignazio Marino da parte dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna.
A questo punto, però, il direttore generale ci ripensa, scopre all´improvviso che deve ristrutturare le sale operatorie, che non c´è più posto neppure il lunedì, che Marino è meglio ripassi nel 2011. A questo punto Marino si preoccupa dei suoi malati di cancro al fegato che non possono attendere e cerca altri posti dove operare. A chi gli chiede cosa è successo, risponde: «I dirigenti sanitari emiliani hanno cambiato idea. Sul perché non ho una risposta». Risposta che viene da una inchiesta già in corso della procura di Bologna sulla sanità, dove emergono intercettazioni a bizzeffe sul fatto che lo sgambetto a Marino sarebbe scattato come ritorsione alla sua decisione di candidarsi contro i due big emiliani, Bersani e Franceschini. Naturalmente ora tutti negano e si stracciano le vesti. È anche credibile che i due leader non ne sapessero nulla, ma in un contesto a forte controllo politico come l’Emilia, il potente e bravissimo assessore alla Sanità, Giovanni Bissoni, che aveva sponsorizzato la vicenda all´inizio, poteva ignorarne l´esito disdicevole? E perché non è intervenuto subito per scongiurarlo, quando sarebbe bastata una sua telefonata per far riaprire quella sala chirurgica il lunedì mattina? A pensar male si fa peccato ma si indovina, ed io penso tutto il male possibile su questa storia sulla base di una esperienza, la lunga battaglia perduta per impedire la discrezionalità degli assessori e dei direttori generali nelle nomine dei primari negli ospedali, snodo cruciale per allontanare la politica dalla gestione quotidiana della sanità pubblica.