Quando il dito indica il software

Fioccano le considerazioni su iPad. Io ce ne metto solo una, che mi gira in testa da qualche giorno ed è stata confermata ieri sera: “un altro apparecchio” che faccia – che faccia meglio, per carità – le cose che fanno già gli apparecchi esistenti non fa al caso nostro. La domanda è per macchine che facciano tutto, non per molte macchine diverse che coprano diverse funzioni: è il senso dei computer. Se Apple ha trovato spazio per il successo di iPod o di iPhone è perché le dimensioni ridotte erano una priorità e una differenza, in quei casi. Se – malgrado iPhone sia di fatto un nuovo computer – i laptop sono sopravvissuti è perché in altri casi le dimensioni maggiori dello schermo, e una tastiera, sono ineludibili.
Quindi iPad ha senso – nella sua indiscutibile figaggine – solo se rimpiazza uno degli apparecchi esistenti, oppure se gli si affianca in ragione di qualcosa che gli altri non possono avere. Quel qualcosa non può essere la maggior sottigliezza: troppo poco per tollerare e giustificare le funzioni ridotte o mancanti rispetto a un computer “vero”. Potrebbe essere che sia un telefono, per battere un MacBook, ma iPad ha tutte le funzioni di iPhone salvo quella principale. Quindi dev’essere nel software (e che iPad sarebbe stato di fatto un laptop più figo e senza tastiera lo si era capito da un po’: la “rivoluzione” non c’è, nello hardware). Altrimenti siamo davanti a un nuovo iPod Touch: figo, ma non serve. Come dice anche Walter Mossberg.

It’s about the software, stupid. While all sorts of commentators were focusing on how much Apple’s new $499 iPad tablet computer looks like an oversized iPhone, the key to whether it can be the first multi-function tablet to win wide public acceptance probably lies in whether consumers perceive it as a suitable replacement for a laptop in key scenarios. And that, in my view, depends heavily on the software and services that flow through its handsome little body.

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3 commenti su “Quando il dito indica il software

  1. Pingback: L’iPad, come non parlarne « Il blog di Sara R

  2. Pingback: Vino da Burde - » Il futuro del vino non è quello previsto

  3. Pingback: Moveable Beast « Almanacco Americano

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