In caso di terzo mandato illegittimo, pagare sanzioni

Da ItaliaOggi dello scorso 2 febbraio:

Danno erariale se si aggira il terzo mandato da Sindaco.
Il terzo mandato consecutivo del sindaco, si sa, è a oggi impossibile. Anche se da più parti si sollevano interventi volti a modificare la disposizione contenuta nel testo unico degli enti locali, i primi cittadini italiani devono inesorabilmente rassegnarsi a concludere la loro esperienza alla guida delle amministrazioni comunali dopo due mandati svolti di seguito.
Chi volesse comunque cimentarsi a sfidare la legge, sappia che va incontro a guai sicuri. Se non proprio dal punto di vista penale, almeno da quello della responsabilità contabile.
È infatti connotata da colpa grave e, quindi, foriera di danno erariale, la condotta del sindaco uscente per due mandati consecutivi, che si propone anche per il terzo mandato e che viene poi rieletto primo cittadino a seguito di consultazione elettorale. Allo stesso modo, al danno partecipano anche i consiglieri comunali che, pur essendo stati avvisati dell’ineleggibilità del sindaco, al primo insediamento della nuova assise comunale, piuttosto che invalidare il risultato elettorale, lo hanno approvato senza indugio.
Provate a chiedere all’ex primo cittadino di Sgurgola (Fr) che nella tornata elettorale del maggio 2006, veniva proclamato, per la terza volta consecutiva, alla guida della cittadina frusinate. Nonostante gli immediati ammonimenti partiti dalla Prefettura competente, né il neo sindaco né i consiglieri neo-eletti hanno esitato a convalidare il risultato elettorale. Anzi, alla prima seduta, invece che mandare tutto a carte quarant’otto, pensarono bene di dare il loro benestare alla situazione.
La sezione giurisdizionale del Lazio della Corte dei Conti, nella recente sentenza 25.01.2010 n. 94, ha pertanto concluso che una simile condotta non potesse passare inosservata.
E che sul punto, sindaco e consiglieri dovevano essere chiamati a restituire alle casse del bilancio comunale, le indennità di carica e i gettoni di presenza che avevano «indebitamente percepito». Il collegio ha infatti precisato che la norma contenuta nell’articolo 51, comma 2 del Tuel, ha un contenuto «estremamente chiaro e preciso», motivo per il quale nessuno può essere eletto sindaco di un’amministrazione locale quando ha già ricoperto tale carica per due mandati consecutivi. Il legislatore ha ritenuto, infatti, che la permanenza nella carica di sindaco di uno stesso soggetto, oltre il periodo ordinario quinquennale di durata del mandato amministrativo, possa ammettersi per una sola volta e ciò al fine di evitare la concentrazione per un tempo più lungo di potere nelle mani di una stessa persona, il che contrasterebbe apertamente con le regole di una corretta e sana imparzialità nella gestione della cosa pubblica.
Nella fattispecie in esame, quindi, l’ex sindaco non poteva in alcun modo ricoprire nuovamente la carica, per cui, pur essendo stato eletto dal popolo, avrebbe dovuto immediatamente dichiarare la propria causa di ineleggibilità e dimettersi o quanto meno consentire al consiglio comunale l’avvio della procedura di decadenza per il verificarsi della predetta causa originaria di ineleggibilità. L’intervenuta proclamazione dell’eletto a sindaco ha determinato, invece, l’immediato verificarsi della causa di ineleggibilità che la prefettura di Frosinone, segnalò immediatamente al neo-eletto consiglio comunale di Sgurgola.
Nei fatti, trattandosi di un’ipotesi di decadenza dalla carica con effetto originario (cioè dall’intervenuta proclamazione dell’eletto a sindaco), tutta la giunta era da considerarsi decaduta e si doveva procedere allo scioglimento del consiglio comunale, così come previsto dall’articolo 53 del Tuel.
Infatti, ha precisato il collegio contabile, quando il soggetto decaduto dalla carica è il sindaco per una causa originaria di ineleggibilità, il consiglio, oltre ad avviare la procedura di decadenza, deve, altresì, procedere al suo scioglimento. Qui, invece, è emerso chiaramente sia «la pervicace volontà del sindaco di non dimettersi dall’incarico sia l’altrettanto pervicace e ostinata volontà dei membri del consiglio di non avviare la procedura di decadenza». Inottemperanza che è costata oltre 11 mila euro di danno

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