È molto difficile avere una corretta informazione sulla sorte di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, la donna iraniana condannata alla lapidazione per adulterio e complicità nell’omicidio del marito. In primo luogo perché la corretta informazione non sta di casa in Iran, assieme a molti altri principi delle società democratiche: e da quando si è cominciato a sapere della abnorme pena che le è stata comminata non si è mai avuta una grande chiarezza sul percorso del processo e dell’esecuzione della pena stessa.
L’altro problema è che, anche per via di questa scarsa chiarezza, i giornali che hanno seguito una giusta campagna in favore di Sakineh hanno periodicamente raccolto senza alcuna verifica ogni voce che la riguardasse, facendone titoloni allarmistici o suggestivi, approfittando spesso della generosa curiosità delle persone nei confronti di quella storia. Era successo un mese fa, quando dai comitati internazionali in difesa della donna era stato diffusa la voce di un’esecuzione della sentenza per l’indomani, ripreso come notizia certa da moltissimi quotidiani, e per fortuna infondata. È succeso di nuovo, all’inverso, giovedì sera: dall’Iran è arrivata notizia della presenza di Sakineh a casa sua, e questo è bastato perché i siti di news italiani e – con qualche cautela in più – quelli di tutto il mondo si preciptassero ad annunciarne la liberazione prima ancora di aver fatto qualche verifica.
Purtroppo la notizia della liberazione era falsa, si è scoperto ieri: a quanto pare Sakineh era stata accompagnata a casa sua per girare un non ben precisato video di una sua confessione, senza che questo avesse niente a che fare con una sua improvvisa e incredibile liberazione.
Su internet si sta cominciando a discutere del fatto che anche l’informazione scientifica, ultimo baluardo di prudenza e affidabilità, stia soccombendo alle leggi dell’arrivare prima e fare poche verifiche: per molti sarebbe il caso della scoperta annunciata dalla NASA una settimana fa sulla possibilità di forme di vita extraterrestri basate sull’arsenico, che sarebbe stata molto esagerata da un lavoro di comunicazione preventivo all’annuncio e dall’ansia dei giornali di soddisfare le aspettative create da quel lavoro di comunicazione preventivo.
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