Domenica scorsa alcuni quotidiani si sono appassionati a un presunto “precario della Camera dei deputati” che aveva messo online alcuni dati e informazioni sui costi del parlamento e gli stipendi dei deputati. Come poi si è dimostrato, nessuna di quelle informazioni era inedita o segreta, ma la presenza in una storia dei termini “casta” e “Facebook” ha fatto sì che i controlli sulla notizia fossero un po’ precipitosi e sommari. Verificato che non c’era la notizia nei contenuti, i giornali si sono dedicati al mistero intorno all’autore del sito e della pagina di Facebook, malgrado il suo ruolo avesse perso ogni rilevanza, e così per alcuni giorni sono circolate diverse ipotesi sulla sua identità, fino a che – sembra – la non notizia si è spenta.
Martedì il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo sul futuro del magnate dell’editoria James Murdoch nella sua azienda, che ha portato i siti dei maggiori quotidiani a titolare “Murdcoh pronto a lasciare”, “Murdoch verso l’addio”, e simili. Ma l’articolo del Journal diceva cose assai più sfumate e articolate: “Anche prima che lo scandalo scoppiasse, nelle ultime settimane, Rupert Murdoch ha preso in considerazione l’ipotesi di dimettersi da CEO di NewsCorp in favore di Chase Carey, oggi responsabile organizzativo, riferiscono persone informate sulla situazione. In questo scenario, Murdoch rimarrebbe in NewsCorp. come presidente esecutivo: il cambio di incarico – in discussione da oltre un anno – avrebbe uno scarso impatto concreto ma un grande significato simbolico. Anche se Murdoch dovesse decidersi, però, non si dimetterebbe adesso ma tra diversi mesi, quando presumibilmente l’attenzione dei media sarà scemata. Lunedì sera un dirigente di NewsCorp. ha ricordato che il consiglio di amministrazione ha sempre avuto un piano per la successione a Murdoch ma che l’idea che questo piano sia stato accelerato o sia sul punto di verificarsi è infondata”. Insomma, quei titoli italiani erano un tantino ingannevoli e approssimativi.
La notizia che il mullah Omar, leader del terrorismo islamista, sia morto, ricorre ciclicamente sulla stampa, e ne abbiamo già scritto qui altre volte. È successo di nuovo questa settimana, e subito dopo è arrivata la nuova smentita: qualcuno aveva “piratato” un telefono dei talebani afgani facendo circolare la notizia falsa.
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