Più noioso di Sanremo, ci siamo solo noialtri che ogni anno andiamo dicendo quanto sia insignificante e anacronistico Sanremo. Badate, non dico “quanto sia brutto, mediocre e fatto male”: non parlo delle volte in cui per caso due o tre canzoni possano essere sopra la sufficienza, o delle volte in cui squadriglie di autori abbiano per caso indovinato due o tre battute. Questo può succedere o no, ed è praticamente ininfluente sul risultato complessivo: che è di uno spettacolo che se non fosse mai esistito a nessuno verrebbe sensatamente in mente di inventarlo. Sanremo vive di sbadato conformismo abitudinario, di pigra rendita di se stesso, del meccanismo per cui c’è è deve essere così: e l’intelligenza e inventiva dimostrate ogni giorno da chi progetta la grande televisione non possono far sperare in niente di meglio che questa pigrizia lobotomica.
Il problema vero è l’analogo conformismo letargico dei mezzi di informazione estranei alla Rai che continuano a far credere a tutti e a se stessi che Sanremo abbia qualche senso e qualche importanza, che sia rilevante: hai voglia poi a scrivere anche quest’anno – lo fanno Serra e Grasso, oggi, per esempio – che Sanremo è una roba di tre secoli fa, un tabernacolo privo di senso, quando intorno al tuo commentino quattro pagine celebrano “il caso Oxa” (aveva la canzone lunga più di tre minuti, nell’era dell’iPod) o la “vivace Victoria” (quella che non ha le tette, se non l’aveste capito: ma stasera ve lo ricorderà un altro paio di volte). E noialtri? Siamo piccoli blog che ci scherzano sopra e abbiamo capacità critiche superiori, o siamo parte del meccanismo, anzi: pecore dietro le pecore dietro le pecore? A giudicare dall’interesse che riversiamo sul premio Tenco o sulle inchieste televisive di Christian Rocca, direi la seconda