(aggiunta personale: il sindaco di Pisa Fontanelli è una delle persone più stimabili e in gamba che abbia mai incontrato nella politica italiana)
I testi che seguono sono usciti sul Tirreno, 15 settembre
«Troppi giochi di potere, io mi sfilo»
Pd: dopo Domenici anche Fontanelli rinuncia alla candidatura. E altri sindaci meditano…
FIRENZE. Dopo il niet di Domenici, arriva un secondo, pesantissimo «non mi candido», quello del sindaco di Pisa Paolo Fontanelli. Le primarie del Pd potrebbero rimanere orfane, a meno di ripensamenti dellultimora, di due dei sindaci più rappresentativi della Toscana. Che poi potrebbero non essere i soli: a parte Romagnoli (Prato) e Bonifazi (Grosseto) intorno a diversi altri sindaci – Berti a Pistoia, Marcucci a Viareggio e altri – si stanno infatti addensando dubbi e turbolenze di vario tipo.
Il no di Fontanelli a candidarsi a fianco di Veltroni nasce da situazioni diverse dalla rinuncia di Domenici. In comune cè però la stessa insofferenza nei confronti di chi intende le primarie come un appuntamento nel quale regolare i conti o fissare futuri organigrammi.
A Pisa limminente scadenza amministrativa – si vota a primavera – condiziona molto: in lista per le primarie potrebbe essere presente uno solo degli aspiranti alla successione alla poltrona di sindaco scatenando polemiche. Per questo, Fontanelli con la sua mossa avrebbe voluto dare una scossa. Una conferma arriva anche dal segretario Ds Ivan Ferrucci. «Quello di Paolo è uno stimolo a fare meglio in una città che ha dato vita per prima ai gruppi comuni in Municipio e in Provincia. Ha voluto ribadire – spiega Ferrucci – che non cè attinenza tra le primarie e le future candidature delle prossime amministrative».
«Sono intenzionato a non candidarmi alle primarie che si svolgeranno il prossimo 14 ottobre – spiega infatti il sindaco pisano – per cercare di favorire una maggiore spinta al rinnovamento».
Quali sono i motivi che lhanno indotto a prendere questa decisione?
«Cè uno scarto, una specificità tutta pisana, tra le grandi attese suscitate dallimminente nascita del Partito democratico e il modo con cui si discute in città della costruzione delle liste che saranno presentate alle primarie».
Qual è il motivo di questo «scarto pisano»?
«La nascita del Partito democratico ha messo in moto una rivoluzione nellintero panorama politico italiano. E significativo il fatto che prima ancora di nascere il Pd abbia rimescolato gli schieramenti alla propria sinistra e perfino nel centrodestra, dimostrando come sia possibile centrare lobiettivo di semplificare e rendere più efficiente il sistema politico italiano».
E allora perché si chiama fuori?
«Io credo fortemente in questo progetto e mi riconosco nelle linee proposte da Veltroni. Un mio eventuale passo indietro non deve quindi essere inteso come un disimpegno. Al contrario, come uno stimolo, perché io mi impegnerò a fondo affinché le primarie siano un successo, perché tanta gente venga a votare. Io penso infatti che lelezione della Costituente debba essere affrontata con la massima apertura: occorre raccogliere non solo leredità dei due partiti, ma anche coinvolgere risorse ed energie nuove. A Pisa, però, è in corso una discussione che è al di sotto di questa sfida e che non coglie la novità del progetto. Un atteggiamento che è più ricerca di posizionamento e di immagine che di vera spinta ad innovare e questo produce diffidenze e chiusure».
Ci saranno delle ragioni che hanno creato questa situazione?
«A Pisa si è caricato di significati impropri lappuntamento del 14 ottobre. Con le primarie non nascono i nuovi organismi dirigenti del Partito democratico e neppure si determinano le scelte che verranno affrontate in occasione delle elezioni amministrative. Limportanza di queste liste è stata sovraccaricata, anche a causa della vicinanza con le elezioni comunali. Per questo, penso che sia meglio non candidarmi: per rendere più facile un maggior rinnovamento».
Sia Fontanelli che Domenici hanno assunto una posizione «forte» sulle primarie. E solo un caso, oppure è il termometro di un disagio?
«Diciamo che noi sindaci viviamo a continuo contatto con i cittadini e ne percepiamo costantemente gli umori. Per questo, forse, cogliamo maggiormente tra la gente una grande volontà di cambiamento. Non si tratta di fare tabula rasa dellesistente e di rinunciare a competenze importanti, ma di favorire lingresso di nuove capacità».
Quel passo indietro è cosa buona e giusta
MARCO MAYER
Diciamo la verità: in Toscana, dopo due congressi appassionanti (quello dei Ds particolarmente vivace), nel luglio scorso il Partito Democratico non è partito bene.
La nascita del Pd si è intrecciata con lallargamento della maggioranza e lingresso di Rifondazione nel governo regionale: un dato molto positivo per lUnione e un indubbio successo politico del presidente Martini). La componente della Margherita che fa capo ai mariniani di Antonello Giacomelli ha però di fatto vincolato (non so se e quanto intenzionalmente) questa importante operazione politica unitaria a due condizioni: la scelta di uno storico leader della Margherita come capogruppo regionale dellUlivo in Regione e lindicazione della giovane e dinamica segretaria regionale Caterina Bini come vice di Andrea Manciulli per la guida del Pd in Toscana.
E stato un errore politico dei Ds e Dl che ha deluso davvero molti in Toscana anche tra i militanti di partito. Al di là delle migliori intenzioni il ticket Manciulli-Bini ha assunto limmagine di una trattativa calata dallalto, di un matrimonio di interesse tra i vertici toscani di Ds e Margherita: la tanta vituperata fusione a freddo tra gli apparati.
Il Pd in Toscana non può nascere con questo vizio dorigine; deve avere ben altre ambizioni per coinvolgere sul serio i cittadini: includere davvero energie nuove, mescolare culture politiche diverse, riappassionare alla politica i tanti delusi – specialmente tra i lavoratori – e soprattutto innovare lo stile, le forme e la sostanza del far politica allinsegna di una rinnovata questione morale.
In questa cornice considero brillante lidea politica del sindaco di Firenze, Leonardo Domenici, di proporre al suo posto una giovane ragazza: Cecilia Pezza. Ho conosciuto e stimo Pezza: una studentessa di 21 anni, intelligente e generosa. Spero proprio che Cecilia, come ha fatto Cristina Bandinelli (dimostrando coraggio e spirito di servizio nel contendere a Manciulli la guida del Pd toscano), accetti di scendere in campo. E mi auguro che in Toscana, insieme a Cecilia, entrino nelle variegate liste del Pd tante ragazze e ragazzi. La loro presenza valorizzerà il contributo alla costruzione di personalità politiche di grande esperienza indipendententemente dal ruolo specifico che assumeranno nella fase di fondazione del Pd.
Sulla stessa scia si colloca la decisione annunciata sul Tirreno dal sindaco di Pisa e presidente dellAnci toscano Paolo Fontanelli. Come non essere daccordo con quello che afferma e ribadisce in questa stessa pagina: «Vedo uno scarto tra il progetto nazionale ed il modo in cui avviene anche a Pisa la formazione delle liste… E un errore importare nel nuovo partito le logiche delle spartizioni e… sovrapporre le primarie alle amministrative dellanno prossimo».
Agli amministratori non deve certo essere vietato di candidarsi, ma quando fanno un passo indietro si meritano un grazie sincero. Sia Leonardo Domenici che Paolo Fontanelli da ragazzi erano tra i più stretti collaboratori di Massimo DAlema segretario dell Fgci. Forse è una pura coincidenza o forse è il segno di una scuola che insegnava ad anteporre le pur legittime ambizioni personali alla grande politica di cui anche in Toscana si sente oggi un gran bisogno.
Lentusiasmo dei giovani, la mobilitazione delle donne può ridare speranza e riavvicinare alla politica i tanti della mia generazione che lentamente si sono allontanati dalla politica attiva (nel mio caso da quasi ventanni). Il progetto del Pd può davvero appassionare i cittadini di tutte letà e di tutte le provenienza: limportante è partire con il piede giusto come ci hanno suggerito, con il gesto, i primi cittadini di Pisa e Firenze.
ARIA DI PRIMARIE
Ed eccoci finalmente al nocciolo della questione.
La conservazione al potere in Toscana, non molla.
Ed eccoci finalmente al nocciolo della questione. La conservazione, al potere in Toscana, non molla. Allo stato attuale le liste dellArmata Veltroni sono infarcite di ministri, sottosegretari, parlamentari, sindaci e tesserati dogni ordine e grado.
La Lista Innovazione trova ostacoli di tutti i tipi – anche dalla segreteria Dl – ed esclusa dal regionale, sarà presentata solo in metà dei collegi dopo vaglio della nomenclatura. A Pistoia, inserisce novità, ma è la rivincita dei chitiani contro i fragaiani. A Prato, nonostante ladesione di Yuri Chechi e Sandro Veronesi, è guardata con sospetto. A Livorno, a Siena e a Viareggio forse non ci sarà. A Pisa nasce da un accordo tutto interno.
Martedì, da Roma, Melandri ha incaricato Giuliano Amato di affiancare Sandra Bonsanti per tentare unopera di riassetto, ma altre voci nazionali – Andrea Ranieri – si sovrappongono. Senza contare i responsabili regionali che, a vario titolo, sono: il sindaco di Livorno Cosimi, Di Vita, Innocenti e Vigni, eccetera. Un numero di padrini (tutti con tessera) che, probabilmente, supererà quello degli eletti.
Dallaltra parte, Letta e Bindi, con qualche spregiudicatezza, fanno incursioni anche in campo avverso, muovendosi in direzioni sconosciute ai veltroniani. Sventolano le parole nuovo, mescolarsi, giovani, ma cercano soprattutto ragazze con tessera Ds forti nelle preferenze.
Il rinnovamento è impedito dalle vecchie abitudini di una classe politica che si pone illuminate questioni del tipo: Perché lui sì e io no?.
Incorreggibili, viene da dire. Alla resa dei conti la politica non fa assolutamente passi indietro, ma piuttosto molti passi in avanti: verso il burrone. Poi, quando si alza un Grillo qualsiasi, tutti si sorprendono e si scandalizzano…
Cari politici, quello è un mostro che avete generato voi e, continuando così, lo ingrasserete a dismisura. Fermatevi, siete ancora in tempo. Paolo Fontanelli a Pisa sembra averlo capito, e gli altri?