La proposta del PD sulle province: se ne occupino le regioni, punto

La questione dell’abolizione delle province è molto interessante sotto molti aspetti. Un anno fa divenne una rocambolesca serie di contraddizioni e figuracce da parte della maggioranza, che la annunciò e ritirò a ripetizione nel giro di poche ore, prima di farla sparire del tutto sotto le pressioni delle province minacciate. La settimana scorsa è invece diventata terreno di un imbarazzo del PD che non ha saputo difendere la sua scelta di non votare la proposta di legge dell’Italia dei Valori che avrebbe eliminato la parole province dalla Costituzione, e molti elettori del PD hanno trovato in questo una contraddizione rispetto alla possibilità di mettere la maggioranza in difficoltà e di intervenire sugli sprechi di denaro pubblico.

Gli argomenti del PD – rappresentati soprattutto da Dario Franceschini, visto che dentro il partito c’erano opinioni assai dissenzienti – sono stati sostanzialmente due. Il primo è che la proposta IdV era una cosa superficiale e demagogica che non affrontava il problema, non conteneva nessun progetto su cosa fare dopo, e su come rivedere le attuali funzioni delle province. Valutazioni assolutamente convincenti, ma un po’ fragili per motivare una scelta che d’altro canto avrebbe avuto un valore simbolico forte: la domanda per Franceschini in soldoni è “va bene, togliere la parola province dalla costituzione non sarebbe stato risolutivo, ma mantenerla è una battaglia che valeva tanto puntiglio?”. Ovvero, se anche si è contrari all’abolizione tout court delle province – come il PD dice di essere -, cosa le definisce un’istituzione la cui esistenza debba essere riconosciuta addirittura dalla costituzione?

Il secondo argomento di Franceschini è più robusto, più insistito e permetterebbe persino di superare il dubbio precedente; ed è riassumibile con questo concetto da molti ripetuto con orgoglio dentro il PD: abbiamo una proposta nostra assai più articolata e completa di questa, che contiene un progetto su cosa fare con le province e affronta i modi con cui modificarne l’attuale assetto. Notizia apprezzabile, con l’obiezione che l’IdV la sua proposta l’ha fatta mettere ai voti mostrando così chi ci stesse e chi no, chi condividesse quell’avvio di percorso e chi no: mentre della proposta del PD nessuno sa niente, e il PD niente sta facendo per portarla a una discussione e un’eventuale realizzazione, come mille ricchi e competenti progetti che il PD ha o dice di avere e tiene da qualche parte quasi fosse un think tank invece che un partito.

Ma siccome io personalmente sono abbastanza d’accordo con l’idea che abolire completamente la definizione territoriale e amministrativa delle province sia sbagliato e inutile, e che invece se ne debbano rivedere le distribuzioni (mettendo una pezza e rivedendo la loro moltiplicazione clientelare degli ultimi anni: a cui non si è sottratto il centrosinistra, vedi l’incredibile caso della Sardegna), ho voluto capire di cosa consti questa tanto citata proposta del PD e in quali modi affronti e risolva le articolate questioni poste da Franceschini: quali province eliminare, quali mantenere, con quali criteri, quali competenze lasciare alle province, come ripensarle per eliminare gli sprechi e le funzioni inutili, a chi assegnare funzioni che trovino altrove esercizio migliore, eccetera. Abbiamo una nostra proposta su questo, aveva detto il PD. Ed eccola qua, si chiama appunto “Modifica all’articolo 133 della Costituzione, in materia di mutamento delle circoscrizioni provinciali e di soppressione delle province, nonché norme per la costituzione delle città metropolitane e il riassetto delle province“.

Art. 1.
(Modifica all’articolo 133 della Costituzione).
1. Il primo comma dell’articolo 133 della Costituzione è sostituito dal seguente:«Il mutamento delle circoscrizioni provinciali o la soppressione delle Province sono stabiliti con legge regionale, sentiti i Comuni interessati».

Art. 2.
(Costituzione delle città metropolitane).
1. La costituzione delle città metropolitane, individuate con legge dello Stato, è disposta con legge regionale, sentiti i comuni interessati, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, e comporta la soppressione delle province nel medesimo territorio su cui insistono le nuove città metropolitane e il trasferimento a queste ultime delle rispettive funzioni e del personale.
2. Qualora la regione interessata non provveda ai sensi del comma 1 nel termine ivi indicato, il Governo le assegna un ulteriore termine per adempiere. In caso di mancato adempimento, provvede il Governo con decreto adottato ai sensi dell’articolo 77, secondo comma, della Costituzione, da convertire in legge entro novanta giorni dalla sua pubblicazione.

Art. 3.
(Riassetto delle province nelle regioni a statuto ordinario).
1. Con legge dello Stato sono determinate le funzioni fondamentali e proprie delle province il cui territorio risulta compreso all’interno delle regioni a statuto ordinario.
2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di cui al comma 1, le regioni a statuto ordinario, con legge da adottare previa consultazione degli enti locali interessati, verificata l’adeguatezza della dimensione territoriale delle province in rapporto alla possibilità di gestione delle funzioni fondamentali di area vasta, provvedono alla revisione della circoscrizione territoriale ovvero alla soppressione delle province esistenti. Decorso il termine stabilito dal primo periodo del presente comma, il Governo provvede con le modalità di cui al comma 2 dell’articolo 2.
3. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge costituzionale, con legge dello Stato sono rivisti gli ambiti territoriali degli uffici decentrati dello Stato assicurando che nel complesso del territorio regionale essi non superino il numero totale delle province ivi istituite.

Art. 4.
(Riassetto delle province nelle regioni a statuto speciale).
1. Le regioni a statuto speciale, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore delle leggi dello Stato di cui agli articoli 2 e 3, provvedono ad adeguare i propri ordinamenti ai princìpi in esse contenuti.

Non so se voi sapete cavarne più risposte di quelle che ci vedo io (nessuna) alle questioni di cui sopra: può darsi che la difficoltà di districarmi nel linguaggio burocratico mi impedisca di vederle. Però questa è la famosa proposta del PD, contrapposta alla sbrigativa e insufficiente boutade dell’IdV che – ancora Franceschini nell’annunciare l’astensione PD – “suonerebbe preclusiva della possibilità di fare riforme”. Quali riforme, non si capisce, se l’esempio è questo, sintetizzato dallo stesso Franceschini in un’intervista a Repubblica:

“Le nostre proposte sono di sopprimere o accorpare le province su scelta delle regioni”

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro

18 commenti su “La proposta del PD sulle province: se ne occupino le regioni, punto

  1. Fabio Venneri

    la discussione sulle province è viziata da un pre-giudizio. per chi pensa infatti che le province siano completamente inutili, la proposta del pd appare naturalmente insoddisfacente.

    per chi invece pensa che le province siano utili, o comunque sia disposto a discuterne, come qui, la proposta del pd introduce degli elementi interessanti che rilevo in maiuscolo:

    1) l’art. 133 Cost adesso recita al comma 1 “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la ISTITUZIONE di nuove Provincie nell’ambito d’una Regione sono stabiliti con LEGGI DELLA REPUBBLICA, su iniziativa dei Comuni, sentita la stessa Regione.”
    la proposta di modifica dell’art. 133 invece “Il mutamento delle circoscrizioni provinciali o la SOPPRESSIONE delle Province sono stabiliti con LEGGE REGIONALE, sentiti i Comuni interessati”
    abbiamo quindi due elementi di novità importanti: non viene più prevista la possibilità di costituzione di nuove province ma solo una loro ridefinizione e la loro soppressione, con legge non più statale ma regionale. la proposta non parte più dai Comuni (che chiedevano l’istituzione della provincia) ma dalla regione (che le sopprime).

    2) “le regioni a statuto ordinario, con legge da adottare previa consultazione degli enti locali interessati, VERIFICATA L’ADEGUATEZZA DELLA DIMENSIONE TERRITORIALE delle province in rapporto alla possibilità di GESTIONE DELLE FUNZIONI FONDAMENTALI DI AREA VASTA, provvedono alla REVISIONE della circoscrizione territoriale ovvero alla SOPPRESSIONE delle province esistenti.”
    si impone quindi (non è facoltativo) una verifica dell’adeguatezza territoriale rispetto alle funzioni di area vasta: questo è un criterio bello e buono! la revisione delle circoscrizioni provinciali non può attenersi al solo dato demografico (es: soppressione di tutte le province con meno di xxx.000 abitanti, che mi sembra vada di moda) ma deve fare riferimento al tessuto sociale ed economico insediato su un territorio, e ai servizi che lo riguardano. è per forza una scelta discrezionale (non arbitraria) che le regioni dovranno fare per meglio organizzarsi a livello gestionale e istituzionale. chiaramente non può essere il PD a dire che la provincia del medio campidano è inutile, ma può dire alla Saredegna “siete proprio sicuri che sia utile? vedete un po'” (e dobbiamo anche essere pronti ad accettare che sì, forse il medio campidano è utile, magari più di Sassari)

    ” in quali modi affronti e risolva le articolate questioni poste da Franceschini: quali province eliminare, quali mantenere, con quali criteri, quali competenze lasciare alle province, come ripensarle per eliminare gli sprechi e le funzioni inutili, a chi assegnare funzioni che trovino altrove esercizio migliore, eccetera.”
    a me sembra che risponda bene alle prime tre domande, che per la quarta la risposta sia “le stesse di adesso”, per la quinta “di certo non eliminandole, e poi di che sprechi stiamo parlando?”, per la sesta “alle città metropolitane laddove si costituiscano e si sopprimano, di conseguenza, le province” (ma la questione delle città metropolitane va avanti dal 1990 e la loro formazione avrebbe forse bisogno di un impulso)

  2. Francesco

    Mi pare un’ottima proposta di revisione costituzionale: detta le regole, i criteri e gli attori per la gestione di quel livello di gestione del territorio.
    E bene anche: lo stato con una legge ordinaria definisce i compiti propri delle province, poi ogni regione deve obbligatoriamente svolgere un’analisi del proprio territorio e definire quale sia il migliore assetto (e può anche cambiarlo nel tempo) da darsi (ed è giusto che lo faccia la regione, che è l’ente che ha gli strumenti per decidere e dovrà “vivere con le conseguenze”, non un partito o il parlamento o un ministro). Se poi una regione non adempie a questo dovere il governo ha il compito di sostituirla (o di concedere una specifica proroga).
    Mi manca di sapere se il PD ha anche presentato (o almeno prodotto per presentarla a riforma costituzionale approvata) la legge ordinaria di cui parla l’articolo 3 e che stabilirebbe i compiti pratici delle province (anche se si potrebbe anche lasciare quelli attuali).

  3. uqbal

    A me la proposta sembra pilatesca da morire.

    Già mi vedo il governatore PDL che vuole eliminare le provincie PD, o viceversa.

    Prevedo contenziosi, ricorsi, accuse, scuse, ritardi. Fin troppo facile immaginare che i presidenti di provincia troveranno sempre ottimissimi argomenti per sostenere che la loro provicia è strafondamentale, contestando specularmente i parametri stabiliti dalla regione. Capace che ‘ste liti le farebbero anche presidenti e governatori dello stesso partito, per ragioni di corrente e di feudo elettorale.

    Già mi vedo i Brindisini che non vogliono essere comandati dai Baresi, i Savonesi dai Genovesi, o che so io. Già mi vedo la ricerca di nuovi capoluoghi neutri (facciamo Monopoli e Varazze?).

    Nel caso più comune poi, mi gioco qualsiasi cosa che le Regioni, dopo lungo ed attento esame, scoprirebbero che le province giuste sono quelle esistenti.

    Bah, il PD da questa storia ha solo da perdere.

  4. Luca

    Mah, non ci capiamo. Che ci siano elementi di cambiamento formali nel testo lo vedo anch’io: che questi definiscano una revisione della distribuzione e competenze delle province non mi pare proprio. Non vedo come questi articoli permettano – per restare a quell’esempio- di immaginare che le otto province con dodici capoluoghi della Sardegna vengano ridotte, o che vengano ridotti i loro costi. Allora si dica che non è nelle intenzioni del PD non solo l’abolizione delle province – intenzione che sbagli ad attribuirmi, perché ho scritto che non ce l’ho – ma nemmeno la loro riforma.

  5. Fabio Venneri

    io non cosa immagini possa essere espressione di una volontà di riforma, immagino (correggimi se sbaglio) delle disposizioni più “stringenti” che indichino come e cosa fare. ma come ho scritto, non può essere indicato in sede di legge costituzionale. la disciplina degli enti locali è soggetta dal 1990 a un profondo riassetto organizzativo, e con il Testo Unico degli Enti Locali (TUEL, del 2000) la Provincia, in particolare, è stata oggetto di un forte rilancio istituzionale, tendendo a divenire “il perno dell’amministrazione locale” (CROSETTI, 2007). Questo per dire che le funzioni e l’utilità delle Province non sono nemmeno in discussione, perlomeno in questa sede. Semmai, come il progetto del PD riconosce, c’è stata una proliferazione delle province, tanto che nega la possibilità di istituirne di nuove (e secondo me con una disposizione fortemente autoritativa abbastanza simile al “sopprimiamole tutte”, ché se dici che decidono le regioni allora dovrebbero decidere anche relativamente all’eventuale istituzione di nuove province). Dicevo che non sono in discussione le funzioni delle province, al limite è in discussione il loro costo, e gli sprechi. Ma qui, appunto, la discussione diventa un’altra, e riguarda tutti i costi e gli sprechi, della politica e della pubblica amministrazione, e non se ne può discutere solo relativamente alle province.
    Tornando alle proposta di revisione costituzionale del PD, questi articoli permettono proprio che vi sia una riduzione delle otto province sarde con 12 capoluoghi! Lo permettono, imponendo anche alle regioni di provvedere. Dite che le Regioni non aboliranno le Province “inutili”? Chi può dirlo? Sicuramente, ripeto, un’imposizione di un numero minimo di cittadini, criterio oggettivo, non è certamente sufficiente, è quindi giusto che siano le regioni a verificare “l’adeguatezza della dimensione territoriale” e provvedano di conseguenza (e, ripeto, questo è un criterio!)
    Per sfatare un altro cliché, quando si dice che le funzioni della Provincia potrebbero svolgerle le Regioni o i Comuni, beh, no, perché soprattutto in relazione al governo del territorio si verrebbe a riacuire quella contrapposizione (ieri tra Stato e Comuni, oggi tra Regione e Comuni) che si è dimostrata deleteria in relazione alla crescente complessità del territorio, facendo emergere di conseguenza il ruolo della Provincia come il loro naturale raccordo (regione, ente programmatore per eccellenza, e comune, ente di amministrazione attiva).

    Forse ancora non mi sono spiegato bene, ma la proposta del PD è centomila volte più riformatrice di quella dell’IDV.
    Se poi si vuole procedere ad una riforma totale, ok, ma andiamo contro tutto quello che è stato fatto negli ultimi venti anni. E perché, poi?

    ——————
    “intenzione che sbagli ad attribuirmi, perché ho scritto che non ce l’ho”
    infatti avevo scritto
    “per chi invece pensa che le province siano utili, o comunque sia disposto a discuterne, come qui”

  6. Francesco

    Io non lo so se ridurre le 8 province con 12 capoluoghi sia una buona cosa o controproducente, ma credo che la regine Sardegna sia l’ente che dovrebbe naturalmente giudicare su questo (sulla base delle funzioni fondamentali delle province dettate da legge nazionale) e non solo sul numero, ma pure su capoluoghi e confini. Se poi i governanti sardi prenderanno decisioni di comodo e non basate su una vra analisi, saranno problemi dei sardi che li hanno eletti e che solo loro possono risolvere (e neppure i peggiori con la stessa causa).
    Quindi abolire alcune province è un obiettivo solo se chi ne ha la competenza lo giudica utile, non “senza se e senza ma” e può avvenire per decisione della regione o per supplenza da parte del governo (se la regione non decide per tempo).
    Più che altro mi pare che come ogni norma costituzionale non abbia una forte presa sul merito, che è delegato alla legge ordinaria (art3, comma1) e senza sapere se c’è un disegno di legge anche per quello non è possibile giudicare.

  7. Luca

    Appunto. “ma come ho scritto, non può essere indicato in sede di legge costituzionale”, scrive Fabio. Ma è il PD ad avere vantato un suo progetto alternativo all’abolizione delle province e più articolato e completo: se poi si trattava invece di una generale riforma di legge costituzionale, ok: ma non è quello che hanno fatto credere.

  8. gianmarco

    Non vorrei essere fuori OT, ma mi spaventa non poco che un partito strutturato com il PD facci errori tecnici come quello del passaggio qui sotto ” In caso di mancato adempimento, provvede il Governo con decreto adottato ai sensi dell’articolo 77, secondo comma, della Costituzione, da convertire in legge entro novanta giorni dalla sua pubblicazione”.
    Ora, l’art. 77 già prevede la conversione in legge del decreto ma in 60 giorni: la norma, così com’è, parrebbe incostituzionale dato che fissa un termine maggiore. Del resto richiamare il fatto che un decreto legge dovrà essere convertito in legge mi pare del tutto inutile.
    Saluti

  9. unespressoprego

    Il principio della propopsta PD sulle Province, in soldoni, è un invito alle Regioni a riflettere se alcune Province siano davvero necessarie o meno, e il sottotesto è che la creazione di nuove province è disincentivata. O, in altre parole, si da alle Regioni il potere di abolire delle Province. Tutto ciò, certo, d’accordo coi Comuni interessati.
    Quindi è una proposta molto moderata, che di fatto non riforma molto. Anche se diventasse legge, di per sé non comporterebbe l’abolizione di nessuna Provincia. Se questa è la linea del Pd, beh, contenti loro.
    Dal mio punto di vista, vedrei nell’abolizione delle Province una semplificazione sacrosanta delle competenze territoriali. Alcune delle prerogative delle Province passerebbero alle Regioni (finanziamenti vari in primis) e altre ai Comuni (ad esempio la manutenzione stradale). Quindi Regioni più forti, Comuni più forti, snellimento delle procedure, taglio dei costi e aumento della trasparenza.

  10. matnet

    Luca per me invece é ragionevole ad una condizione: che i costi ed il budget delle provincie, in un ottica autenticamente federale, siano di competenza regionale. A quel punto ogni regione farà come meglio crede trovando il giusto equilibrio tra rappresentanza del territorio e costi di burocrazia. Ti faccio un esempio, il Trentino/Altoadige che sicuramente ha un budget elevato dovuto alla sua autonomia ma ha anche tantissime competenze e sopratutto ha poteri legislativi che gli permettono di fare certe cose e soprattutto é già in regime di federalismo fiscale da molto tempo ha svuotato completamente la regione e delegato i poteri alle provincie tanto che oggi persino il consiglio regionale non é altro che la somma dei due consigli provinciali (senza doppi incarichi etc). Di più, visti gli enormi poteri della provincia, in Trentino hanno creato le comunità di valle ovvero degli enti intermedi tra comune e provincia che si occupano di centralizzare molte cose che i piccoli comuni non riescono a fare e farne altre che la provincia non coordina bene dal capoluougo (gestire strade ed assistenza domiciliare, scuole etc). Anche in questo caso si tratta di trasferire competenze tra livelli diversi mantenendo la responsabilità fiscale su quel che si fa.

  11. 2_brain

    La proposta sarebbe perfetta se la necessità fosse quella di una semplice razionalizzazione. E’ il nostro caso?
    Credo ci sia bisogno di molta più radicalità. Perchè ad esempio non invertire l’ordine degli addendi?: le province sono abolite da subito, alle regioni poi tocca redistribuire le competenze con la facoltà di creare strutture sovraterriali che presidino a particolari funzioni nel perimetro dei fondi a disposizione.

  12. maxvader

    Diamo alle Regioni la _facoltà_ di ridurre le Province e chiediamo loro di fare delle valutazioni riguardo la necessità di mantenerle.
    Wow, una proposta talmente aggressiva da far tremare i polsi.
    Sapendo che cane non mangia cane vorrei proprio vedere un governatore di Regione che và da i suoi colleghi di partito della Provincia e li licenzia.
    Ma per favore!!!!

    Sul fatto che la stragrande maggioranza dei compiti delle Province debbano essere svolti da “qualcuno” penso sia palese, così come il fatto che anche le spese ad esse legate dovranno essere sostenute da altri enti. Ma quello che conta è che ora le gente vuole una riduzione dei costi della politica, delle migliaia di persone che di “politica” vivono.
    Non vi è bisogno di un ulteriore livello decisionale politico, ne abbiamo già troppi.

  13. Massimo

    Infatti, a leggerla, la proposta del PD è quanto di più conservativo esista. Le regioni dovrebbero abolire delle province? E perché mai? La politica regionale e provinciale fa riferimento agli stessi uomini e partiti. Credere a questo è come credere a babbo natale. Diciamo che è una presa per i fondelli, e mi spiace anche.

  14. Carlo M

    bisognerebbe abolire le regioni, e non le provincie.

    http://www.ilcommento.it/commentoold/raccolta4-15mar06.pdf

    http://www.politicamentecorretto.com/index.php?news=39338

    http://leonardo.blogspot.com/2011/07/i-venti-vicere.html#comments

    dall’attualissima intervista a gianfranco pasquino (primo link):

    Alcuni esponenti politici denunciano i rischi di frammentazione del Paese dovuti alla c.d. “devolution”, eppure le materie devolute dallo Stato sono già di competenza regionale in numerosi altri Paesi europei. Non c’è qualche esagerazione, forse dovuta anche alla campagna elettorale in corso?

    “Nessuna esagerazione. L’Italia e’ il Paese di Arlecchino. Le regioni italiane sono artificiali e, nella loro maggioranza, incapaci di autogoverno. Gli italiani, elettori, politici, studiosi, non sono affatto federalisti. Siamo quasi tutti, nel migliore dei casi, ‘municipalisti’. Bisogna abolire le regioni e aumentare i poteri dei comuni opportunamente incoraggiati ad accorparsi.”

    Abolire le regioni…?

    “Esattamente. Istituzioni che potevano servire 35 anni fa o, come avrebbe voluto la Costituzione italiana, nel 1948. Non sono mai decollate e sono oggi, anche nel quadro dell’Unione Europea, e tenendo conto di tutte le opportunità dell’e-governance, ovvero dei sistemi elettronici, decisamente obsolete. Sarebbe un bel risparmio di denaro, di tempi, di burocrazia e, anche, lo dirò con chiarezza, una bella riduzione del peso reale della partitocrazia.”

  15. Fabio Venneri

    “Ma è il PD ad avere vantato un suo progetto alternativo all’abolizione delle province e più articolato e completo: se poi si trattava invece di una generale riforma di legge costituzionale, ok: ma non è quello che hanno fatto credere.”

    io non ho capito cosa abbia provocato questo caos, ma mi permetto una ricostruzione giornalistica:
    1) il PD non vota la proposta di IDV e Terzo Polo per l’abolizione delle Province
    2) il PD viene accusato di non mantenere gli impegni elettorali 3) si scopre, ma si sapeva, che il PD non aveva mai proposto l’abolizione delle Province, quindi non si capisce perché avrebbe dovuto votare una proposta con cui non è mai stato d’accordo
    4) a questo punto si tira in ballo il valore simbolico di un voto del genere, voto simbolico su una proposta evidentemente demagogica, tecnicamente inefficace e formalmente insulsa.
    5) il PD viene attaccato da coloro che solitamente, per il bene che gli vogliono, lo attaccano proprio perché si fa mettere nell’angolo dalle proposte populiste dell’IDV, proprio quando invece rimarca la propria differenza e lo fa non a chiacchiere ma con una proposta di legge costituzionale alternativa alla proposta anch’essa di legge costituzionale dell’IDV, e profondamente più innovatrice e riformista
    6)la dichiarazione originale di Franceschini dice questo “Da due giorni si buttano lì molte cose senza prendersi la briga di approfondire dicendo solo che province sono uguali a spreco, questa è demagogia, questa è l’abdicazione della politica” “In due giorni non ho sentito una motivazione di merito. Noi facciamo i legislatori e abbiamo il dovere della coerenza con il nostro programma elettorale. La proposta Idv era di cancellare dalla Costituzione la parola province senza dire dal giorno dopo cosa ne sarebbe stato di 60mila persone che ci lavorano e delle competenze che sono affidate a questi enti. Ma tutti dicono, compresi gli editoriali sui giornali, che noi abbiamo sbagliato, che era demagogia ma non bisognava farsi sfuggire l’occasione, questa è l’abdicazione della politica, noi abbiamo una nostra proposta per riorganizzarle e non accettiamo l’equazione province sinonimo di spreco”.
    il PD non ha fatto credere a niente di più di questo, e con la sua proposta di legge raggiunge di certo l’obiettivo: dice COME muoversi verso una razionalizzazione, processo che di certo non si realizza dall’oggi al domani e non viene risolto con la bacchetta magica o con la cancellina. e soprattutto, dice di INIZIARE a muoversi.
    faccio notare poi “non conteneva nessun progetto su cosa fare dopo, e su come rivedere le attuali funzioni delle province.”
    quando mai si è detto di rivedere le funzioni delle province?

  16. Francesco

    Credo si siano mescolati (con il solito pressapochismo della stampa) due punti distinti nella posizione del PD:
    1) Pensiamo che la gestione della struttura delle province debba essere regionale, mentre le loro funzioni debbano essere definite a livello nazionale (secondo il modello della sanità, ad esempio), in modo da massimizzarne l’efficienza, per questo abbiamo depositato una proposta di riforma costituzionale (che fa seguito ad altre iniziative “federali”)
    2) Sullo stesso argomento un altro partito ha presentato un progetto inutile e propagandistico, nonostante questo partito sia nostro alleato, abbiamo responsabilmente rifiutato di appoggiare tale fesseria.
    Non è che non si sia votato il progetto IDV perché se ne aveva un altro, ma semplicemente perché era una fesseria, anche se l’assetto delle province andrebbe rivisto (e infatti abbiamo depositato una proposta di riforma che, per quanto si possa discutere e migliorare, non è una fesseria).

  17. Paolo

    “a cui non si è sottratto il centrosinistra, vedi l’incredibile caso della Sardegna”

    Cosa centri il centro sinistra con il caso Sardegna lo sa solo il buon Luca Sofri.
    Per il resto: le province sono inutili, non c’è altro da aggiungere. Ridurle è perfettamente inutile: si rimoltiplicherebbero tra qualche anno. Il problema di chi continua a sostenerne l’importanza sta nel non capire che insieme alle province andrebbero abrogati tutti i comuni sotto i 20 mila abitanti o sotto i 10 kmq la cui esistenza è semplicemente fuori logica; allo stesso modo risulterebbero inutili le comunità montana.
    I nuovi “macro-comuni” (si fa per dire) assorbirebbero facilmente le funzioni dell’uno e dell’altro ente locale, con risparmi davvero enormi.

  18. FabC

    A me questa proposta di legge pare un guazzabuglio terribile. In breve alcune motivazioni:
    1) è paradossale che il nuovo testo Costituzione non disciplini più la istituzione di nuove Province, ma solo il mutamento delle circoscrizioni e la soppressione; data la gravità della lacuna, direi che l’istituzione compete per forza allo Stato (salve reg. a statuto speciale).
    2) con la nuova legge avremmo la totalità delle Province (già) istituite con legge dello Stato, ma la possibilità di sopprimere le stesse con legge della Regione; è a dir poco insensato che chi ha il potere di istituzione non abbia quello correlato di estinzione, tanto più per enti con copertura e rilievo costituzionali.
    3) sulle città metropolitane, il livello di bizantinismo è invidiabile. Esse sono previste in Costituzione, sono “individuate” con legge statale(qualsiasi cosa significhi: suppongo che la legge statale stabilisce intorno a quali città vadano costituite) e poi “istituite” con legge regionale (che margine di autonomia potrà mai avere? mah); inoltre, se la regione non provvede, il Governo (!) le assegna un termine: abbiamo un’ingerenza dell’esecutivo su una funzione propria costituzionalmente di un ente territoriale autonomo. Ma c’è di più: se la Regione è restia, il Governo può esercitare un potere normativo atipico e diverso da quelli oggi esistenti in costituzione, una sorta di super-decreto legge da approvarsi in difetto dei requisiti di necessità e urgenza e i un diverso termine (ricordo che le fonti normative oggi sono tipiche: legge, decreto legge, decreto legislativo, decreto di conversione Statuto speciale, decretazione in caso di guerra); a livello tecnico-giuridico, ritengo pertanto erroneo il richiamo al 77, c. 2. Nel merito, non sento bisogno di un ulteriore potere normativo del Governo.
    3) l’articolo 3, c. 2 è un altro capolavoro di bizantinismo:
    – lo Stato (con legge) individua le funzioni fondamentali e proprie delle Province; forse siamo già in contrasto con il 114, c. 2 Cost, per cui le Province “hanno propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione” e 118 (“le Province sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale e regionale”). Nella migliore ipotesi, la norma non ha alcun valore.
    – entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore di questa legge , “le regioni a statuto ordinario, con legge da adottare previa consultazione degli enti locali interessati, verificata l’adeguatezza della dimensione territoriale delle province in rapporto alla possibilità di gestione delle funzioni fondamentali di area vasta, provvedono alla revisione della circoscrizione territoriale ovvero alla soppressione delle province esistenti”. Ora, questo è già stato scritto all’art. 1, dove dovevano essere sentiti i soli Comuni (e non “gli enti locali”; anche le Comunità montane?). Già così, la Regione può censurare l’opportunità della scelta dello stato di istituire una provincia sino a sopprimerla. Roba ben strana.
    In ogni caso, si potrebbe anche ipotizzare che:
    – il potere regionale di soppressione/modificazione sia subordinato alla scelta dello stato di rivedere il conferimento di funzioni alle Province (questo parrebbe derivare dalla consecuzione dei commi dell’art. 3);
    – il potere legislativo attribuito alle regioni ex nuovo 133 Cost sia in realtà già limitato dall’obbligo di rivedere le circoscrizioni provinciali contenuto nell’art. 3 della legge al ns. esame, con un curioso caso di legge costituzionale che deroga alla stessa Costituzione che emenda.
    Il potere costituzionale delle Regioni è poi annullato nella sostanza dal c.3, che prevede di nuovo il potere legislativo atipico sostitutivo del Governo! C’è da chiedersi che valore abbia il potere legislativo regionale del c. 1, se, qualora la revisione delle circoscrizioni non fosse ritenuta necessaria, il Governo intervenisse comunque.
    4) art. 3, c. 3: gli uffici decentrati dello Stato (oggi in parte organizzati su base provinciale in parte no) non devono superare “il numero totale delle province ivi istituite”.
    Non si capisce nulla. Ad esempio, il Ministero interni ha spesso uffici decentrati rispettoa quelli del capoluogo (un esempio che si faceva spesso era Monza per Milano); questi morirebbero. bene? male? Probabilmente dipende da caso a caso.
    Poi, ciascun ministero può avere un minimo di uffici decentrati pari al numero delle province? Quindi potrebbe averlo a Roma e Tivoli, ma non a Rieti?
    Ma poi: se le province sono istituite (come sono) dallo Stato, è perchè lo Stato ritiene necessario avervi una Questura, una prefettura etc (esempio al contrario, nelle nuove province sarde non ci sono uffici ministeriali distaccati perchè non ritenuti utili). Se la Regione sopprime la provincia istituita, che ne è degli uffici decentrati? Chissà, perchè la provincia era pur tuttavia istituita, benchè non più esistente.
    4) manca l’unica cosa, a mio giudizio, necessaria per evitare i casi-sardegna: prevedere tra le competenze legislative esclusive dello stato quella di istituire province.
    Magari unitamente al divieto di creare più di 1 capoluogo a Provincia.

    Io avrei proposte più radicali, ma non vi tedio.

Commenti chiusi