Nubi di ieri sul nostro domani, odierno

Scriverò anch’io una cosa a margine della rubrica di Michele Serra su Twitter, benché le due o tre cose sensate che si potevano dire su quella siano già state dette da altri, un po’ perse nella montagna di commenti spesso sbrigativi e presuntuosi come quello originale. Ma ho provato ad andare dietro a dei pensieri e capire dov’è l’equivoco per cui spesso pensiamo cose simili ma litighiamo lo stesso, o litighiamo su quelle sbagliate.

Che la comunicazione breve e precipitosa contenga un maggiore rischio di superficialità, come  scrive Serra, è indubbio. L’errore che ha fatto lui è di trasformare questo rischio in una certezza, e legarlo peculiarmente a Twitter. Come è indubbio, in generale, che la comprensione della realtà e del mondo richieda che si sia disponibili alla complessità, ad analisi articolate, a conclusioni contraddittorie, a poche certezze, e a rapporti di causa ed effetto sempre diversi. Ovvero a niente che sia considerato efficace dai mezzi di comunicazione odierni né peraltro atraente dalla maggior parte dei loro utenti.

C’è insomma una cultura che privilegia la superficialità schematica e partigiana, e che prescinde da Twitter e dai blog e dai commenti online e dagli SMS (tutti luoghi di cui qualcuno aveva già scritto le stesse cose di Michele Serra ieri), e questa cultura noi la stiamo ogni giorno accogliendo e coltivando. E se è vero che trova maggiore ospitalità in luoghi più frequentati e facili, non manca di mostrarsi intensamente anche in altri più tradizionali e potenzialmente selettivi. La superficialità schematica e partigiana prospera ogni giorno in articoli di giornale più o meno lunghi, in dibattiti televisivi, in discorsi pubblici, in editoriali vari, persino nei libri. E i modi in cui spesso dilaga in rete non nascono sulla rete, ma nel mondo di prima e di fuori, nelle nostre conversazioni private, nei nostri pensieri: quelle cose lì, stupide e brutali così, le pensavamo e dicevamo anche senza Twitter. Solo, si vedevano meno.

Adesso il punto su cui accordarci è questo. Prendiamo Twitter e l’uso a cui si riferisce Serra (che io invece ci trovo bellissimi articoli, notizie in anteprima e affidabili, e commenti intelligenti, scegliendo meglio chi seguire): sono le peculiarità del mezzo che incentivano a essere più stupidi e brutali, o è il grado di stupidità e brutalità della nostra cultura a insediarvicisi? Il mezzo, sempre lì siamo, è un po’ il messaggio?

Io non lo so, o non ne sono sicuro. Ma faccio un esempio, senza offesa per i coinvolti.

Ieri Francesco Rutelli ha tenuto una lunga conferenza stampa, come sapete. Che io abbia poche simpatie – eufemismo – per qualunque impresa politica di Rutelli è familiare a chi segua questo blog. Così come non c’è bisogno di dire che le storie intorno al caso Lusi sono molto imbarazzanti per la Margherita e i suoi vecchi e attuali esponenti. Proprio per questo non ho avuto difficoltà a dire che ieri – per gli standard a cui siamo abituati – ha fatto una buona figura, secondo me. E spiegarlo in dettaglio qui sarebbe fuorviante, e genererebbe le stesse derive di cui vado a parlare. Non importa.
Stamattina lo ha scritto Stefano Menichini, direttore di Europa: chiunque conosca o legga Menichini sa della sua autonomia di pensiero e della sua attitudine a dire serenamente cose indipendenti da quelle dei leader del PD che furono della Margherita, partito morto di cui Europa è tuttora organo (in un paradosso che già commentammo sul Post). E infatti anche oggi Menichini è stato molto severo, mentre riconosceva il “coraggio” di Rutelli ieri.

Si può essere d’accordo o no, ed eventualmente argomentare su questo: dire che Rutelli è stato reticente, che ha mentito, che altri cento hanno fatto come lui, che Menichini ha trascurato un aspetto. Invece quando io ho scritto su Twitter che ero d’accordo con Menichini, linkandolo, ho ricevuto alcune risposte che prescindevano del tutto da questa puntuale e discutibilissima opinione. Una è stata questa:

Menichini è il direttore del giornale di rutelli. Che leggono in 2. Lui e il capo. Poteva scrivere altro? Tristezza.

Adesso, ammettiamo che voi come me riteniate questa analisi ignorante e presuntuosa (parlo dell’analisi, l’autore magari è peraltro un genio, io giudico le cose dette non chi le dice) e che sia tempo sprecato per tutti (altrimenti grazie, ma questo post non sta parlando con voi). Ammettiamo che voi come me riteniate questa analisi ignorante e presuntuosa.
La domanda è: è per via di Twitter? O è per via della natura umana, e di quel suo lato che è stato coltivato e attizzato per anni, in parte dai travaglismi diffusi e in parte da un abbassamento generale della qualità dell’informazione e della riflessione sulle cose?
Come capirete, io penso la seconda. Lo penso molto molto. Ma, siccome le cose sono complesse, non escludo neanche che una sempre maggiore prevalenza di comunicazioni rapide e telegrafiche non sia la prospettiva migliore per invertire quest’andamento.

Quello che so, è che le responsabilità sono diffuse ma di entità diversa, come al solito: e che per esempio, per dirla col Michele Serra del giorno prima

«Sono i media grossolani a costruire un pubblico superficiale»

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16 commenti su “Nubi di ieri sul nostro domani, odierno

  1. Pingback: Il linguaggio di Twitter | Mac Blog

  2. uqbal

    Ehi sono stanco morto e di malumore, lo dico subito…

    Dopo il primo capoverso, e facendo un po’ di scroll, mi sono subito convinto: 140 caratteri vanno bene.

    Modalità acida off…

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  4. roberto alajmo

    Magari funziona come per le armi in America. Per fare una strage in un college di base c’è che devi essere stronzo, ma poter comprare un fucile al supermercato aiuta molto.

  5. ggiudici

    penso che il commento di Roberto Alajmo qui sopra sintetizzi bene perché sono a metà strada tra la posizione Serra e la posizione Sofri: però la seconda è più nello spirito del tempo. Twitter esiste, ha – come ogni mezzo – lati positivi e negativi, entrambi molto vistosi, è vero che è un medium che per essere bene usato pretende che ci si costruisca un ottimo portfolio di contatti da seguire, e questo non è semplice.

    Per il resto, io (che sono un semplice lettore) e Serra abbiamo avuto di recente uno scambio di email (è stato disponibilissimo) nato da una mia protesta rispetto all’Amaca in cui criticava la copertura stupida dei fatti della Costa Concordia, in cui lo invitavo a leggersi bene Repubblica prima di avercela con “la televisione” (come in quel caso).
    Estrapolo 3 frasi della risposta, per far capire che c’è un gigantesco solco culturale tra un 60enne (questo è, nonostante sia un maestro di pensiero per me che ne ho 25) come Serra e la generazione successiva nella sua porzione pensante:
    – “non sono un fan dei media in generale, e preferisco leggere un buon libro.”
    – “Scrivo la mia opinione senza pretendere che ad essa si conformino anche cronisti e vicecronisti. Altri lettori mi hanno fatto già notare che spesso l’Amaca è in netto contrasto non solo con Repubblica on line (pazienza), ma anche con Repubblica di carta.”
    – ” La velocità volgarizza.”

    Tutte e 3 le frasi hanno una componente almeno di assurdo: poi Serra è davvero una persona di intelligenza squisita, quindi colma il gap. Ma scompensi, è evidente, ce ne sono.

  6. pifo

    L´uso frettoloso ed impulsivo della parola.
    Era questo, per testuale esplicitazione di Serra, il tema delle due Amache pubblicate in sequenza, non il rischio di superficialitá che la comunicazione breve contiene.
    Uso frettoloso ed impulsivo che si puo´manifestare in forma estesa sulle pagine dei giornali come in forma “breve” nei 140 caratteri di Twitter.
    Ci sono cose che non possono essere dette su Twitter, chiosa semplicemente Serra, non che Twitter, per via della sua brevita´, riporti, in modo peculiare, solo superficialitá. Twitter “scoraggia” la forma del ragionamento, afferma Serra, non determina matematicamente il prevalere dell´emotivita´.
    In realtá le considerazioni piu´interessanti di Serra sono proprio quelle legate ai concetti forsi eccessivi che il web ha di se stesso.
    Questo “buttarla in caciara” ogni volta che qualcuno esprime delle idee, forse poco condivisibili ma comunque argomentate, su dei temi sacri e inviolabili, questo prescindere dalle semplici parole dette per potersi allargare ad argomentazioni sempre piú ampie, quando sono in gioco i dogmi assoluti della propria personale religione, sono a mio avviso le manifestazioni piú schiette di questo elevatissimo concetto che si possiede di se stessi e del proprio media.
    Anche la modestia e´ breve, 140 caratteri dovrebbero bastare.
    Saluti.

  7. ILSENSOCRITICO

    Io sinceramente condivido al 100% l’articolo di Serra citato nel post e non sono un suo fan sfegatato.
    E’ difficile, con pochi caratteri a disposizione, dire qualcosa che non sia una frase banale e scontata; puoi dare giudizi immediati ma fin troppo sintetici su un film, una canzone o un programma tv. Non puoi certamente argomentare un pensiero.
    Twitter lo vedo come una versione “informatizzata” dell’aforisma, ma l’aforisma , per sua natura una forma di linguaggia molto sintetica ma al tempo stesso ricca di significato, non è alla portata del primo babbeo che passa e lascia il primo pensiero che gli passa per la testa.

  8. odus

    Rutelli, Menichini, Sofri Luca.
    Una bella figura fatta da tutti e tre su milioni di euro scomparsi per colpa di uno solo perché gli altri (Rutelli e soci tra cui Rosy Bindi e, magari, Prodi) erano in altre faccende affaccendati. E lo sono tuttora.
    Cihanno proprio raggione, i tre.
    Sono tre che hanno il livello culturale ggiusto.
    O c’è anche Michele Serra che fanno quattro?
    Basta aiutarsi l’un l’altro dicendosi da soli di avere “autonomia di pensiero” ed “attitudine a dire serenamente cose indipendenti da quelle dei leader del PD che furono della Margherita, partito morto di cui Europa è tuttora organo”.
    Che solo saperlo e scrivervi e prendervi degli stipendi è da….
    Poi, dice, l’autoreferenzialità.
    Il livello culturale e la capacità di giudizio di tutti gli altri ? Pfui.

  9. Pingback: Twitter Divide » stilografico

  10. sombrero

    Plaudo a Pifo che ha centrato perfettamente un punto fondamentale: a voi brucia che Serra abbia rimesso una scemenza come twitter (e come il 99% dei contenuti che veicola) al suo posto anziché farlo passare per una cosa in grado di cambiare il mondo.

  11. sombrero

    P.S. – e, già che ci siamo, «Sono i media grossolani a costruire un pubblico superficiale» è una boiata. Quella roba, twitter incluso, non fa altro che dare alla gente ciò che vuole, il che apre scenari assi più foschi.

  12. uqbal

    Sombrero

    C’è una ragione particolare per cui a qualcuno dovrebbe bruciare se Serra critica Twitter?

  13. Pingback: #senzaTwitter, c’è vita dietro quel cancelletto | T-Mag | il magazine di Tecnè

  14. sombrero

    uqbal
    la sento solo io quest’aria malsana da fede magico-religiosa che ammanta i discorsi intorno a “La Rete” (ooooohhhh) e la sua cascata di ipostasi?

  15. sombrero

    Strano, a me pareva proprio di no.
    Ma dev’essere senz’altro come dici tu.

Commenti chiusi