Il guaio con la scuola Diaz

Allora, proviamo a raccontarla. L’altra notte una squadra di agenti speciali, guidati dal numero due della polizia, ha raggiunto una scuola dove si riteneva ci fossero persone responsabili degli scontri dei giorni prima. Ancora non sappiamo quali fossero, ma c’erano elementi per ritenerlo. Arrivati alla scuola sono stati accolti da un lancio di pietre. Hanno chiesto di entrare. Una volta dentro sono stati ancora attaccati, uno in particolare (l’unico di cui si sia detto) è stato colpito da una coltellata. Nella perquisizione sono stati trovati e mostrati ai giornalisti alcuni attrezzi probabilmente usati nei lavori edili in corso nella scuola, una maglietta nera del gruppo rock dei Metallica, dei libri, dei fazzoletti di carta, parecchi temperini di quelli che si mettono nello zaino quando si parte, a luglio, ma anche un paio di molotov e dei coltelli più inusuali e pericolosi. Sono state arrestate decine di persone di cui alcune sono già state rilasciate, ma tra loro c’era davvero qualcuno dei ricercati dall’azione.
Traggo questa ricostruzione dai racconti di chi c’era, dalle diverse versioni della polizia e del ministro dell’interno, dalle eccellenti cronache di Marco Imarisio sul Corriere e da quelle degli altri giornalisti accorsi alla scuola nel cuore della notte. Mi sembra difficilmente confutabile. Bene. Poi è successa un’altra cosa.
Nel corso dell’operazione gli occupanti della scuola, spesso ragazzi giovani e che non c’era alcun motivo di legare a responsabilità o intenzioni criminali, sono stati fatti sdraiare per terra e con metodo e furia sono stati picchiati a uno a uno. Botte da orbi. Sangue. Barelle. Botte. Urla. Un pestaggio. Fuori altri agenti bloccavano giornalisti e parlamentari che chiedevano di sapere cosa stava succedendo. Mi sembra difficilmente confutabile, ma posso togliere l’espressione “furia” di cui non ho prove certe. Ne hanno scritto Concita De Gregorio su Repubblica, Imarisio sul Corriere, e molti altri giornalisti che sono riusciti a entrare a cose fatte e che hanno raccolto decine di testimonianze (vedo che il Giornale riporta con equilibrio la versione della polizia, e quella del Gsf, senza correre il rischio di un’avventata cronaca propria, senza dare un’occhiata in giro né fare domande a chicchessia). Nessuno si sostituisca a un giudice, ma quando decine di testimoni dicono “un pestaggio”, c’è sangue ovunque, barelle, referti medici, l’ipotesi che ci possa essere stato un pestaggio è abbastanza plausibile. No? Tralascio i dettagli cileni che spero ognuno abbia letto in questi giorni. Ma non è detto. La “logica del bipolarismo” fa sì che quando accade un episodio criminale di questa portata, senza precedenti nella storia recente, chiunque, anche al Foglio, si guardi in giro per vedere cosa strilla il nemico, prima di intervenire: denunciare un pestaggio di ragazzi può sgradevolmente diventare il modo per dare una ragione all’Unità o ad Agnoletto , per un giorno, e questo è davvero seccante. Con questo caldo, poi.
Il problema è che a tutti quelli con cui gli editoriali del Foglio se la sono presa giustamente in queste settimane, delle ragioni forti l’ha data l’operazione dell’altra notte. A Luca Casarini che è andato seminando vento (lui lo faceva da anni e con la mano sinistra, ma oggi ha trovato pagine e prime pagine di raccoglitori), ad Agnoletto che è andato incoscientemente a una battaglia pensando di andare alla marcia di Assisi, ai delinquenti che hanno cercato di massacrare persone e carabinieri per due giorni e a chi li ha difesi per tornaconto, ai mille volte inetti scellerati che nel governo di centrosinistra scelsero Genova (quello attuale ha disegnato il buco dei predecessori con tutti i pennarelli ma di mettere una pezza su questa stupidaggine somma si è lavato le mani). E soprattutto, il pestaggio scolastico (ancora più ributtante per questa sua accessoria dislocazione) darà ragione al peggio dei teppisti e criminali che hanno massacrato la città in questi giorni. Quell’alibi alla violenza che non era stato il ragazzo Carlo Giuliani perché abbiamo visto com’è andata, sarà la notte di domenica. Ci vorrà un bel fegato e lo stesso lo faremo – per andare a dire ai ragazzi inermi che erano là che non bisogna ricorrere alla violenza, adesso. Ci vuole una signora faccia tosta per dire “isolate i violenti”, per dire “non date sostegno ai criminali”, per dire “questa è gente che danneggia gravemente tutto quello in cui crediamo”, quando non si è capaci di usare queste espressioni per lo stato e chi lo serve. Le rilegga chi difende d’un sol motto l’operato della polizia. Quando si è disposti a tollerare fatalisticamente una quota “fisiologica” di violenza da parte delle polizie (ma chi fissa la quota? Dovrà essere ben alta per tener dentro l’altra notte) – “ci sono sempre teste di cazzo, nella polizia”, sento dire – con che faccia si chiede di rimuovere “ogni” violenza a un incasinato movimento di centinaia di migliaia di persone mal guidate, a cui si è mostrata la notte dell’altra notte?
Vedo salvo rare eccezioni, come il bel pezzo di Gian Antonio Stella una gran voglia di black block, in giro. Il diversivo detersivo che lava via tutto. Non sono neanche italiani. O di prendersela con gli irritanti pontificatori di ogni telegiornale. Vedo voglia di non porsi lo sgradevole problema che in Italia ci possa essere un gruppo di agenti di polizia che dietro ordine dei suoi massimi comandi è capace di andare a una spedizione punitiva e sanguinaria contro un gruppo di persone inermi (o volete ancora sostenere che per difendersi legittimamente da degli assassini bisogna anche massacrare un po’ di ragazzi innocenti nella stanza accanto?). C’è voglia di dibattito politico, di agire secondo altri criteri. A chi giovano le dimissioni del capo della polizia, e a chi nuociono. Questo è quello che conta. Con questo caldo, poi.

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