Tutti d’accordo: ritirarsi, e alla svelta

Strano a dirsi, sono d’accordo, Alex Fishman di Yediot Ahronot e Danny Rubinstein di Ha’aretz. Sia il maggior quotidiano del paese, che l’autorevole organo della sinistra liberale pensano che l’occupazione militare della Palestina di questi giorni non sia servita a un bel niente. “E così ci ritiriamo”, scrive Fishman, ” sotto il fuoco, senza aver ottenuto una tregua nelle sparatorie e pure sgridati dagli americani. Così va a finire, quando non si sa concludere un’operazione militare al momento giusto, quando ci si muove senza una strategia e a seconda dell’umore del mattino”. Abbiamo un bel talento, prosegue, per trasformare i successi militari in pasticci politici. I checkpoint stradali, a che servono? Dobbiamo vedere le assurde e inquietanti scene dei blocchi automobilistici e i lavoratori palkestinesi clandestini che arrivano a piedi per essere raccolti in auto dai loro datori di lavoro israeliani. Fishman si chiede perché Israele non si sia ritirato la settimana scorsa, nelle stesse identiche condizioni: “Allora sembravamo nel giusto e determinati, oggi tutti vedono le scene di devastazione a Betlemme. Non è facile raccontare al mondo che da dentro un tank, con i cecchini che ti sparano addosso se metti fuori la testa, si può solo tirare a qualsiasi cosa: automobili, tralicci, tutto. Già facciamo molta fatica a raccontarlo a noi stessi”.
Rubinstein è d’accordo, da un punto di vista meno nazionalista, secondo lui non bisognava nemmeno avviarla questa azione. “Non c’è bisogno di essere degli esperti militari del servizio segreto dell’esercito come il generale Amos Malka per annunciare lo ha fatto ieri che dopo il ritiro gli attacchi terroristici aumenteranno”. L’invasione dei territori palestinesi non servirà a niente, scrive Rubinstein: ricordiamoci che li abbiamo occupati militarmente per trent’anni e non è che avessimo debellato il terrorismo”. È la linea di Ha’aretz, ripresa anche da un editoriale non firmato: “Per scongiurare che l’operazione diventi un guaio vero, il governo deve ordinare all’esercito di ritirarsi subito e senza rinvii”.
“È un triangolo di ferro quello in cui sono intrappolati Sharon e Peres: presi tra gli americani, la destra e la sinistra”, scrive ancora su Yediot Sima Kadmon: “Per la sinistra Sharon non possiede più niente se non Peres, che per la destra è un piromane che soffia sul fuoco delll’ira americana”. Su Ma’ariv, il secondo quotidiano israeliano, le menzogne di Yasser Arafat sono messe pesantemente e sarcasticamente a nudo. Alle richieste americane di consegnare gli assassini del ministro Zeevi, Arafat avrebbe risposto fingendo di non saperne niente – “Gli israeliani li hanno già arrestati, a quanto so” quando è noto che gli arrestati sono solo due dei quattro ricercati. Salvo poi lanciarsi, all’arrivo della delegazione europea a Gaza, in una nuova acrobatica tesi per cui Zeevi sarebbe stato vittima di un complotto israeliano, per avere un pretesto per rioccupare i territori palestinesi. Arafat avrebbe cercato di avallare la sua incredibile ricostruzione con nuove bugie, come quella che l’albergo dove Zevvi è morto sarebbe stato sorvegliatissimo perché sede di trattative sulla sicurezza in realtà mai tenutesi allo Hyatt, secondo Ma’ariv. La verità è che Arafat ha contro la collera americana, la delusione europea, e molti suoi connazionali convinti che li stia guidando al disastro.
Intanto, anche Israele ha le sue grane belghe: Yediot riferisce del duro confronto tra il procuratore generale Rubinstein e il suo collega belga che sta gestendo le denunce contro Sharon di alcuni sopravvissuti ai massacri di Sabra e Chatila. Secondo Rubinstein il Belgio sta cercando di ripararsi da eventuali attacchi terroristici facendo la voce grossa con Israele. Ma in casa Sharon godrebbe di un sostegno senza precedenti all’interno del suo partito, in questi giorni, e anche dai deputati vicini a Netanyahu. Uno di loro, Yuval Steinetz, scelto per una prossima missione diplomatica in Europa, è descritto da Yediot come un ingenuo facile da lusingare: mandando lui si prendono due piccioni con una fava: lo si fa contento, e lui diventerà il miglior sostenitore di Sharon all’estero. La scelta avrebbe già dato i suoi frutti, ogni consueta critica al governo da parte di Steinetz si sarebbe dissolta in questi giorni.
Un lungo ritratto firmato da Shahar Ilan su Haaretz, racconta il fanatico ultra ortodosso Yisrael Eichler, che potrebbe diventare deputato del partito della Torah, per il principio della rotazione. Eichler è uno che chiama nazisti metà dei suoi connazionali, a partire dai proprietari dei negozi che restano aperti il sabato, per proseguire con i giovani sobillati dai media, con la polizia “barccio oscuro dello stato” e con ogni sionista (“meglio gli arabi, piuttosto: il sionismo ha le stesse radici dello stalinismo e del nazismo”).
Il quotidiano finanziario Globe apriva ieri con le novità nel budget di Israele per il 2002, che prevede tagli alle spese civili, soprattutto per la classe media, e quasi il 4% in più per la difesa. Mentre, pur con i tempi che corrono, ha suscitato una gran delusione l’eliminazione di Israele dalle qualificazioni per i mondiali di calcio, per colpa di un gol a tempo quasi scaduto degli avversari austriaci. Secondo Ha’aretz l’allenatore Richard Nielsen non sarebbe intenzionato a dimettersi.

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