Irvine Welsh, nato nel 1958 a Edinburgo, scrittore di culto, autore di “Trainspotting” e di “Colla”, grande tifoso della squadra di calcio dell’Hibernians. Joseph Baker, nato nel 1940 a Liverpool, centravanti nell’Hibernians, nella nazionale inglese, nel Torino e nell’Arsenal. È per via di Joseph Baker che Irvine Welsh è in Italia: per andare a San Siro, un sabato sera, a vedere il Torino, la squadra da cui passò quarant’anni uno dei suoi miti calcistici. Torino-Inter, un deludente pareggio. Welsh ha preteso di andare alla partita, quando gli hanno chiesto di fare un giro di interviste per presentare la traduzione italiana di “Colla”, appena pubblicata da Guanda. Un’ottima traduzione, che risolve con scelte di linguaggio originali il problema dello stretto dialetto scozzese parlato dai personaggi nella versione originale. “Colla” sarà familiare a chi ha letto “Trainspotting” e gli altri libri di Welsh: droga, violenza, povertà di sentimenti e cattivo sesso segnano le vite dei giovani protagonisti da sobborgo popolare britannico, vite tenute insieme solo da una infantile e machista considerazione dell’amicizia, colla, appunto. Anche in questo libro, sono i personaggi a dare forma a una storia che non è chiara e definita. E questo giro di interviste non fa impazzire l’autore, che se ne dice stanco e un po’ “suonato”: “se ci pensate, poi, è un po’ ridicolo stare tutto questo tempo a parlare di persone che non esistono”. Sul suo sito, Welsh, ha scritto cose entusiaste di Sofia, in Bulgaria, dove è stato con lo stesso pretesto: “non ci crederete, ma hanno della droga eccellente: non tanto l’ecstasy, ma cocaina e erba sono ottime”. Anche se qui da noi dice che “non ne uso più come una volta, quando andavo fuori di testa ogni fine settimana: arrivi a un punto in cui sai già com’è, te lo aspetti, e quel “bang!” non è più forte come prima”. E allora cosa fai, cerchi il “bang!” da qualche altra parte? “Scrivere me lo fa sentire sempre, scrivere e tutto quello che c’è intorno, i lettori, le critiche, la popolarità”. Anche se scrivere è “un atto comunque troppo egoistico e solitario” per uno che condivide l’attrazione per le relazioni e le emozioni comuni dei protagonisti dei suoi libri. “Non posso scrivere d’estate, stare a casa da solo e tutto quanto”. Adesso, siamo in inverno, Welsh sta lavorando a un seguito di Trainspotting (i cui protagonisti appaiono brevemente anche in Colla), che per ora si chiama “Porno”. “Ma non è che pensi a un film. Quando scrivi un libro, scrivi un libro. Sono due cose differenti”. Scene “forti” raccontate con generosità di parole attraversano tutti i suoi romanzi: in “Colla” ci sono esperienze sessuali brutali, vicende digestive disgustose e animali torturati. Il critico del Guardian ha indicato ai lettori il momento più straordinario del libro: “a pagina 174 Billy aiuta un’anziana signora a portare la spesa: non ve lo perdete”. Molti lettori in tutto il mondo hanno raccontato a Welsh di riconoscere episodi delle loro vite nelle sue invenzioni, ma la cosa più straordinaria sono invece i lettori che a questi mondi di eccessi sottoproletari sono del tutto estranei. “Non ci vedo niente di strano: forse che un minatore scozzese, o un disoccupato di Birmingham può riconoscere qualcosa delle storie di ricchi americani che dominano le classifiche, o che un ragazzo di vent’anni trova familiari quelle di Hemingway? Eppure piacciono anche a loro”. Una volta Welsh ha detto: “Poi ci sono quelli che mi dicono che devo essere davvero depresso o incazzato, o malato di mente per scrivere delle cose che scrivo. La cosa buffa è che ho conosciuto dei poeti, che scrivono di fiori e alberi e della vita e dell’anima, e tutte queste cose aeree ed elevate, e viene sempre fuori che sono dei disgraziati depressi e angosciati”. Chissà cosa ne penserà sua madre, di tutto questo? “Mia madre preferisce Barbara Cartland, in effetti”, risponde con un sorriso di amore filiale: “bisogna ribellarsi ai gusti dei genitori, ma i miei amavano i Beatles, e i Beatles non li puoi mandare a quel paese, no?”. Per Welsh i personaggi devono avere qualcosa di forte, che sfidi il lettore, anche che gli dia ai nervi, eventualmente. “Se i lettori hanno delle reazioni, va bene, se provano a capirli, ad afferarne i meccanismi, meglio ancora”. Il punto da cui gli piace partire, per disegnare un personaggio, è la musica che ascolta, e adesso sta lavorando a un grande appassionato di Rod Stewart, “dovreste vederlo”. A momenti, in Colla, la tenacia dell’amicizia sembra enfatizzata e quella dell’amore trascurata, ma l’autore spiega che si tratta di una scelta deliberata: “il libro parla della mancanza di amore; parla dei disastri che capitano quando non c’è abbastanza amore nella vita delle persone. E parla del limite oltre il quale non si può forzare un’amicizia, limite che diventa più chiaro quando si cresce”. Il film tratto da Trainspotting lo ha aiutato molto, ammette con sincerità, e non ha da lamentarsene, come spesso fanno gli scrittori: “ti danno apposta una piccola parte nel film perché così poi non li criticherai”. Alla fine della conversazione, Welsh guarda con aria interrogativa la sua ospite italiana di Guanda, che gli fa segno che per oggi abbiamo finito. Lui si alza, stringe la mano, e si stiracchia: “Fantastico!”.
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