Un anno di Rock – 2002

I dieci migliori dischi del 2002 certosinamente raccolti anche quest’anno dalla colonna Rocksono nove. Non ce la siamo sentita, per far numero tondo, di infilarci anche il secondo cd dei Sigur Ros – che è bello, ma bastava il primo – né un inatteso bel disco di canzoni di Tracy Chapman. Inatteso e bello, ma non la fine del mondo. Come l’anno passato – allora si trattava dei REM – nella lista c’è un nome assai rodato e mainstream. “Heathen” è il più bel disco che David Bowie abbia fatto in vent’anni, e rimane un disco di Bowie, con tanto di allusioni spaziali e tutto quanto. Poi ci sono i due veri cd più belli dell’anno (sono tre, che uno è doppio). Il preferito da quaggiù si chiama “Is a woman”, dei Lambchop, una band sonnolenta e cullante, che mescola suoni di rock e country del sud americano a un po’ di jazzerie e alla morbida voce del suo cantante Kurt Wagner. Pianoforte, chitarre, sassofono, 14 persone e strumenti tradizionali, canzoni notturne e bellissime. L’altro è un doppio live, come si facevano una volta e stanno tornando di moda, ma assai anomalo. La scelta più anomala per la discografia, che ogni tanto ne inventa qualcuna buona. Questa volta hanno preso Lauryn Hill, e tutto il suo potenziale commerciale – il cd hip-hop più venduto della storia con i Fugees, l’esordio solista con altrettanto superbotto, le grandi attese per il seguito – e le hanno pubblicato un concerto in cui canta da sola, accompagnata dalla sua chitarra, di fronte al ristretto pubblico di uno spettacolo “MTV unplugged”, e le canzoni, quasi “black-folk”, sono intervallate da monologhi, inciampi, persino lacrime. C’è del pistolotto e della banalità, qua e là, ma la musica è straordinaria e il concerto è un tributo alla chitarra strappato all’egemonia dei bianchi

Poi mettiamo in fila un’altra coppia di dischi, questa volta di suoni più convenzionali, quelli del vero rock melodico americano, quello di Bob Dylan, per capirsi. Oggi si chiamano alt-rock o alt-country, con definizioni assai vaghe. Il primo è dei Counting Crows, una band al quarto disco in studio assai popolare negli Stati Uniti, e in Europa seguita da fedeli cultori:“Hard Candy” è di certo il miglior disco rock dell’anno, senza presunzioni innovative, e alla faccia dei recenti volatili successi di tutti questi Hives, Vines, Strokes, tanto incensati dai critici più agés. L’altro bel disco di ballate rock è il primo di Pete Yorn,“Musicforthemorningafter”. Tutti e due questi cd avrebbero fatto la gioia dei fans di Bruce Springsteen, se li avesse cantati lui, al posto del debole “The rising” che si è perso rapidamente dopo il gran battage pubblicitario.

E veniamo ai dischi meno radiofonici. Oddio, “Neon Golden” sarebbe assai radiofonico, con le sue canzonette pop elettroniche piacevolissime e anni Ottanta, ma è comunque assai strano che il miglior disco pop dell’anno venga da una band tedesca, i Notwist.: “se i Radiohead facessero canzonette, le farebbero così”, scrivemmo qui ad aprile, quando il disco uscì. Ha invece soli due mesi il bellissimo primo disco da sola di Beth Gibbons, “Out of season”, già voce ipnotica dei Portishead, per chi se li ricorda. Da sola non è esatto, che con lei c’è “Rustin’ man”, ovvero Paul Webb, che fu bassista dei Talk Talk, e qui si conferma che i Talk Talk erano una grande band. Il disco è a metà tra il soul e il post-rock, tra l’avanguardia minimale e il folk. Sì, non si è capito niente: bisogna ascoltarlo, probabilmente. Sul bel disco strumentale di Craig Armstrong, “As if to nothing”, ci si permette di riprodurre la recensione di allora: ” Uomo da colonne sonore – da ultimo ha messo le mani assai su quelle di Moulin Rouge – lo scozzese Craig Armstrong ha fatto un cd a forma di colonna sonora, lunare (si noti il tic linguistico quando si parla di uno che si chiama Armstrong), notturno, magnifico”.

Per finire, musica di 25 anni fa, ma confezionata l’anno scorso. “Songs of innocence and despair” (piuttosto introvabile in Italia, si consiglia Amazon) è la raccolta delle canzoni del “Langley Schools Music Project”. Furono incise in Canada da un maestro di musica hippie e innovativo che faceva cantare ai bambini delle sue classi le canzoni rock degli anni Settanta. Ci sono “Desperado”, “Space Oddity”, le canzoni dei Beach Boys e quelle dei Wings, con strumenti rudimentali e voci di bambini. Sembra una scemenza, ma è dolce e sinistro. È formidabile.

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