Le rivoluzioni passano

Tra splendori e miserie, il Grande Fratello e la tarda opera di Oriana Fallaci hanno avuto simili sorti. Entrambi sono stati rivoluzionari dal punto di vista dell’innovazione del linguaggio, della promozione di se stessi, della diffusione nel tessuto sociale, del coinvolgimento generale di fans e detrattori. Entrambi hanno vinto – grazie a questo loro essere nuovi e agguerriti – a dispetto dei propri contenuti, del loro valore, della loro qualità morale. A entrambi va riconosciuto di aver cambiato le cose, di aver spostato (in avanti, all’indietro, vedete voi) il piano della discussione, e di avere schiacciato ogni resistenza al proprio “messaggio” in forza delle dimensioni della loro vittoria sul campo. Le cose non sono più come prima, dopo il Grande Fratello e dopo la Rabbia e l’orgoglio. Qualsiasi cosa si pensi del suo contenuto, e del mondo che ci consegna, non si può non riconoscere a una rivoluzione vittoriosa il merito di aver vinto, e le qualità necessarie a farlo. Non sono capaci tutti.
Da questo, ora che siamo nel 2004 e le due opere sono ancora in scena, si può giudicare anche ciò che sono diventate le loro reiterazioni. Perduta la forza dell’innovazione, divenute istituzionali e di maniera, in cerca di un mantenimento di se stesse – per ora realizzato – basato sulla riproposizione di meccanismi che rivoluzionari non sono più, risalta e rimane il contenuto: ovvero quello che vi si dice, né più né meno.

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