Sull’appello, sull’appello che noi portiam

Signor Direttore – Non ho alcun motivo di rallegrarmi della bocciatura di Buttiglione, o se ne avessi, non me ne rallegro, né mi frego le mani. E poi i bocciati sono sempre più simpatici dei bocciatori. Ma mi sono molto meravigliato della portata dell’indignazione che ho visto levarsi e venire sottoscritta, soprattutto sul Foglio. Forse mi sfugge qualcosa. Io penso che fosse pienamente nel diritto di chi ha votato contro di lui (così come sarebbe stato nel suo diritto, di Buttiglione, votare contro chi si presentasse con dichiarazioni opposte su omosessualità e famiglia). Penso che la distinzione da lei diffusamente evocata tra “i programmi di commissario” e “il suo credo e le sue idee” sia una distinzione vuota e infondabile, che non esiste per nessuno, né per me, né per lei (men che mai per Buttiglione, nella cui carriera ci sono ampie dimostrazione di quest’inesistenza). Penso che nel giudizio sull’adeguatezza o meno a ricoprire quel ruolo pesi legittimamente ciò che il candidato pensa della “moralità di certi comportamenti”, come lei ha ritenuto ieri di definire una questione politica e culturale di portata attualissima e internazionale come quella dei diritti degli omosessuali nelle nostre società. Penso infine che un comprensibile e condivisibile fastidio verso i censori di Buttiglione e verso coloro che si fregano le mani abbia scatenato la conformista adesione in massa all’appello del Foglio. Conformista quanto lo sarebbe stata l’immaginabile adesione in massa a un appello su un giornale di opposizione se un Parlamento Europeo di orientamento cattolico e clericale avesse votato contro un deputato omosessuale che avesse fatto dichiarazione del suo essere favorevole – in cuor suo, per carità – al matrimonio tra gay. Il professionismo dell’indignazione è contagioso. Saluti, Luca Sofri.

Il Foglio

(domattina,
qui, la rispostaccia del Direttore)

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Mary