Caro Paolo Mieli, torno sulla questione Buttiglione a cose fatte e sopite. Nell’agitazione di quei giorni mi pare ci sia stato molto conformismo dell’anticonformismo, molto vezzo da difendo-uno-con-cui-non-sono-d’accordo, molto autocompiacimento di branco. Poiché non riesco a immaginarla vittima di nessuno di questi tic, la sua posizione mi ha lasciato più meravigliato. Mi limito a discutere l’argomento cardine delle contestazioni sul giudizio della Commissione ai danni di Buttiglione, quello per cui un conto sarebbero le azioni dell’uomo politico e un conto ciò in cui crede, la sua fede. Il punto è che ciò in cui Buttiglione crede – mi scuso con lui per l’indiscreta ingerenza con cui siamo finti a paparazzare i suoi pensieri – non può essere separato da ciò che fa, come per tutti noi. Anzi, per lui più di tutti noi, come dimostra la contiguità tra il suo pensiero, la sua fede e le sue opere, nel suo curriculum e nella sua pratica politica quotidiana. Quando si evocano similitudini di discriminazioni e persecuzioni, bisognerebbe distinguere tra i casi in cui il giudizio negativo – il pre-giudizio – deriva da quello che una persona è (il colore della pelle, l’apparteneza a una razza, la sua condizione sociale, la sua salute), e i casi in cui deriva da quello che una persona pensa: un post-giudizio. Il razzismo antisemita, a cui qualcuno ha sventatamente alluso a proposito di Buttiglione, è rivolto verso persone malviste per nascita, non per ciò che pensano e le cose che fanno: sta qui la distinzione famosa tra criticare un governo israeliano ed essere antisemiti. Fermo restando che una persecuzione è una persecuzione, un giudizio critico e le conseguenze che ne derivano sono invece del tutto legittimi se riferiti a ciò che una persona pensa e crede, che è indissolubilmente legato a ciò che fa. L’astrazione della fede o della religione, o del pensiero laico, da ciò che facciamo è una cosa priva di senso, e immagino che lei non possa condividerla: e trarre da questo la conclusione che allora nessun cattolico potrebbe occuparsi di questioni sociali in Europa è una fesseria. Non tutti i cattolici la pensano come Buttiglione sugli omosessuali, la famiglia, le donne single e il peccato. Provi a pensare a un candidato alla direzione del Corriere della Sera che le dica io credo che Paolo Mieli non dovrebbe poter scrivere su questo giornale e che la sua sia una vita tormentata dal peccato, ne sono intimamente convinto, ma non lascerò che questo pensiero influisca sulle mie decisoni da direttore: lei ne sarebbe rassicurato, in nome della distinzione tra pensiero e pratica?
Corriere della Sera
(la risposta di Paolo Mieli è qui: la trovo un po elusiva, ma vedete voi)
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