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Tre cose ancora, laterali, su “Con le peggiori intenzioni”.

Una è per i curatori della prossima edizione. A pagina 89 io coniugherei “il profumo della sua pelle” con “diceva” e non con “dicevano”. A pagina 95 mi perplime la frase “Luca Sonnino era la creatura più simile a un orso bianco che avessi mai visto”. Ora, è vero che il narratore potrebbe non averne mai visto uno, ma la creatura più simile a un orso bianco è un orso bianco, direi. Infine, immagino sia per qualche ragione deliberato: ma non la vedo, la ragione di scrivere “Clondike” con la ci, a pagina 122.

La seconda cosa è una riflessione sul fatto che se uno scrittore “si avvicina a Proust e a Tolstoj” o se il suo libro “ricorda molto i grandi classici della letteratura ottocentesca”, questi debbano essere oggi considerati tratti di straordinaria qualità: siamo nel 2005, che diamine, è successo qualcosa nel frattempo. Se io domani dipingo i Girasoli, non credo di diventare il più grande pittore vivente.

L’ultima è questa. Questo libro non si trova in una posizione facile, per diversi motivi. Per gli atteggiamenti a cui ho accennato qui, è già malvisto da chi mal sopporta le cose di cui si parla troppo o di cui si parla troppo bene, è malvisto da chi diffida di uno dei suoi promotori, è malvisto da chi diffida delle case editrici del presidente del consiglio, è malvisto – credetemi, ne ho ricevuto prove scritte – da chi si figura una cosa come “la lobby ebraica”, ed è insomma malvisto da un sacco di gente che non l’ha letto, ma ha dei gran pregiudizi. Sentimenti meschini si affollano intorno ad Alessandro Piperno, di cui si dovrebbero discutere solo le capacità letterarie sue, o tutt’al più le sue altre interpretazioni (è laziale; è anche andato in tv, ma se l’è cavata piuttosto bene).

Stasera ho incontrato una persona di un certo potere nella promozione letteraria italiana, e anche di una certa competenza. Mi ha annunciato che per Piperno ci sarebbero state sorprese, in questo senso. Gli ho chiesto se aveva letto il libro. Mi ha detto di no, “ma D’Orrico non può continuare così”. Antonio D’Orrico del Magazine del Corriere è, appunto, uno dei primi e più esposti sostenitori di Piperno. Come spiega Giuseppe Genna qui, D’Orrico è abbastanza mal visto dai suoi colleghi, con qualche sua responsabilità: non escluderei che anche nella sua esibita passione per Piperno ci sia una dose sopra lo standard di vanità ed egocentrismo.

Ma si dà il caso che – a differenza di altri casi strapompati – il libro di Piperno sia difficilmente stroncabile in buona fede. Magari non piacerà a tutti – io, per fare un esempio, l’ho trovato un bel libro di grande scrittura, ma per cui non ho perso la testa e che avrei potuto metter giù in qualsiasi momento – ma lui è indubitabilmente molto bravo. Molto bravo.

A voi giudicare, in fondo a questa storia, se essa dimostri che la bravura comunque paga, o no

I Miserabili

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