“Pivati a babovdo!”

E adesso tocca alla televisione. L’Independent ha raccontato la settimana scorsa che la Gran Bretagna è la maggiore produttrice di pirateria televisiva, ovvero di traffico via internet di programmi tv non ancora messi in onda. La questione riguarda soprattutto le serie tv americane, e i due titoli più colpiti sarebbero “Desperate housewives” e “24”.

Succede che ormai – la globalizzazione, sapete, quelle robe lì… – il successo di un programma trasmesso negli Stati Uniti si diffonda rapidamente ovunque prima che questo venga comprato, adattato e ritrasmesso negli altri paesi. Gli appassionati di novità televisive corrono così a cercare su internet le puntate che qualcuno in America ha messo online. Di Desperate Housewives – che qui è alla terza puntata – si può scaricare la versione originale già il lunedì mattina, dopo la messa in onda della domenica sera sulla rete ABC: a oggi, la sedicesima.

Naturalmente sono i paesi anglosassoni – che non hanno problemi di lingua – ad approfittarne di più. Ma anche qui il fenomeno è in crescita tra i venti-trentenni fans delle cose americane che conoscono l’inglese.

Il caso è particolare, perché a differenza dei cd o dei film, le copie pirata non sottraggono vendite: i programmi tv non si comprano, il furto è meno palese. Ma si perdono spettatori della pubblicità, spesso diretta – come le serie che la ospitano – esattamente allo stesso target più avvezzo all’uso di internet e dell’inglese: che avrà già visto “24” quattro mesi prima.

Vanity Fair

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