Fantozzi e eBay

Che le cose si stessero mettendo male, l’ho capito una mattina quando il portiere mi ha consegnato la posta. Insieme alla media consueta di stampa promozionale, giornali in abbonamento, inviti inutili e omaggi editoriali, quel giorno mi mise davanti una catasta di pacchi di varie dimensioni che mi costrinse a due viaggi in ascensore. Malgrado avessi realizzato – tra il quarto e il quinto piano – quale potesse essere l’origine di quelle spedizioni – eBay, ovvio, eBay! – non riuscivo a figurarmi cosa potessero contenere. Provavo a ricapitolare, ma niente.

Appena concluso il piccolo trasloco, cominciai a tagliuzzare lo scotch da pacchi, strappare la carta marrone, aprire le scatole ed esaminare il contenuto. Ma per sapere di cosa si trattasse – quindici pacchi in tutto – mi sarebbe bastato aprire la mia pagina personale di eBay, su Internet. Ecco l’elenco:

tre squadre del Subbuteo (Queen’s Park Rangers, Brasile, Bristol Rovers), due vecchie edizioni americane del Giovane Holden e dei Nove racconti di Salinger, cinque edizioni tascabili degli anni Cinquanta dei Peanuts, e tutti i trenta pubblicati nella BUR Rizzoli una ventina d’anni fa, due disegni a matita originali preparati per un cartone animato Disney (in uno c’è Paperino con un paracadute, nell’altro Paperino e uno dei nipoti), un tabellone dei risultati per il Subbuteo, quattro confezioni di Lego degli anni Sessanta, una memory card per la macchina fotografica digitale, una storia illustrata della Triennale di Milano e del Parco Sempione, un introvabile cd dei Conglomerate, un lotto di elementi componibili per la libreria Ivar di Ikea.

In realtà non era la prima volta che tanti acquisti di eBay mi arrivavano tutti assieme. Era già successo una volta che ero rientrato a casa con mia moglie e lei si era sentita come Fantozzi quando trova panini in ogni angolo della casa e capisce che qualcosa non va (la moglie di Fantozzi aveva un debole per il fornaio, in quel caso): c’erano pacchi e pacchetti sparpagliati per tutto il corridoio, lasciati lì dall’ineffabile portiere che non aveva più spazio in portineria (in realtà ho l’impressione che mi guardi con qualche nuova commiserazione, da quando è cominciata questa storia). Ma quel giorno lì avevo ancora più o meno il controllo di quello che avevo ordinato: sapevo cosa c’era nei pacchi (non sto a relazionarvi ulteriormente: che poi mi prendete in giro). Stavolta invece, avendo dimenticato cosa dovevo aspettarmi di ricevere – preso com’ero dall’ordinare un’altra decina di cose – capii che c’era un problema.

EBay è come il gioco, il gioco d’azzardo voglio dire. Quando ci sei dentro, quando capisci che il bello è la resa dei conti agli ultimi secondi per aggiudicarti un acquisto, scopri che molti altri come te hanno gli stessi sintomi, non sanno come parlarne, e usano disinvoltamente il termine “dipendenza”. Un mio collega nella radio dove lavoro mi ha rivelato di aver acquistato dodici diverse torce elettriche nell’ultimo mese. La mia giornalaia sta aspettando un tappeto dalla Tunisia e tutti i film di Truffaut in DVD dalla Francia. Un’amica di mia moglie ha appena ricevuto una specie di tunica dal Kazakhistan, dopo alcune traversie postali. In Gran Bretagna, diventato rapidamente il terzo mercato mondiale di eBay – dopo Stati Uniti e Germania – l’Independent e il Times parlano di “addiction” e sostengono che ci sono però anche diecimila persone che vivono della vendita su eBay.

E quello è il prossimo passo, lo so. No, non credo di abbandonare le mie consuete attività per fare il commerciante online di professione: però anche a vendere ci si diverte, ho provato un paio di volte, e la dipendenza è in agguato.

Ma cosa c’è di così divertente, direte voi? È che comprare qualcosa diventa una specie di gara, in cui il trofeo a volte è solo simbolico: una gara che ha le caratteristiche della caccia, del gioco di pazienza e logoramento, dell’azzardo e dell’allenamento alle diverse strategie. Tutto assieme. Per chi ne fosse del tutto all’oscuro, eBay è un sito internet – il più clamoroso business della storia del web, più di Amazon – che ospita compravendite dei suoi utenti (centotrenta milioni, secondo le ultime stime) in cui un venditore fissa un prezzo di partenza e una scadenza, entro la quale gli acquirenti potranno rilanciare su quel prezzo. Si vende qualsiasi cosa. Per farvi un esempio, il mio acquisto dei Bristol Rovers è stato ottenuto a quattro secondi dalla chiusura dell’asta con un rilancio – il quattordicesimo – di mezza sterlina sulla precedente offerta di uno sfortunato utente danese. Il tutto si fonda su un sistema di fiducia espresso nella foma dei “feedbacks”: dopo ogni transazione venditore e acquirente danno un voto alla controparte e questo archivio di pagelle garantisce gli altri che avranno a che fare con loro. In generale, per fare un altro esempio, si consiglia di muoversi con cautela con i venditori dell’estremo oriente.

Basta qualche giorno per imparare i primi trucchi. Bisogna saper capire quando è opportuna un’offerta tempestiva, per far uscire allo scoperto gli altri interessati, o quando conviene rilanciare solo agli ultimi minuti, per non far alzare troppo la posta. Presto scopri che esistono degli ottimi software che gestiscono e controllano gli oggetti a cui sei interessato, e soprattutto programmano le offerte. Si chiama “sniping”, il rilancio automatico all’ultimo momento, ed è fondamentale quando un’asta si chiude (per ragioni di fuso) a un’ora in cui dovresti essere a dormire, o impegnato in qualcosa di serio. Per le stesse ragioni, a chi vende conviene fissare una scadenza delle vendite a un’ora e in un giorno in cui la maggior parte dei computer occidentali siano accesi: evitate i weekend o le prime ore del mattino. E dopo le prime sei code a un ufficio postale o allo sportello di banca per pagare quello che hai comprato, decidi che d’ora in poi ti interesserai solo dei prodotti pagabili con Paypal, il sistema di pagamento online basato sulla carta di credito (un vero pozzo senza fondo: non devi nemmeno inserire il tuo numero di carta, che mette sempre un po’ d’ansia; una password e oplà, soldi che se ne vanno). Infine, impari presto che l’Italia è un mercato limitato e gli affari migliori si fanno con l’estero.

Ora è una decina di giorni che non mi arriva niente. Forse ne sto uscendo. Ieri mi sono imbattuto in un paio di gemelli appartenuti a Otto Preminger – il regista di Anatomia di un omicidio – in vendita a 99 dollari, e li ho lasciati lì. Però un po’ mi dispiace. Sarebbero stati i primi gemelli della mia vita.

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