Non ci si abitua mai

Mi ricordo ancora i primi tempi che parlavo con i giornalisti, per via di certi guai di famiglia. La prima volta uscirono su Repubblica dei miei virgolettati che non avevo mai detto, ma soprattutto in cui chiamavo tutto il tempo mio padre “il babbo”, termine per cui ho molto rispetto ma che non è mai stato praticato da me e mio fratello. La cosa mi scandalizzò molto, allora: ero giovane.

Adesso è passato un sacco di tempo, e ho pure fatto il dissennato esame per essere iscritto al dissennato Ordine: il livello medio di cialtroneria dei giornalisti italiani mi pare ancora alto e intollerabile, ma mi meraviglia meno.

Quindi devono essere i guai di famiglia che mi portano a un’ingenua regressione, a trovare incredibili le grandi e le piccole balordaggini che leggo a loro proposito. Esempio, giornata di ieri.

Premessa. Sofri, quello anziano, uscì dal carcere in permesso – con molto ritardo rispetto a quello che sarebbe stato consentito – per la prima volta ad agosto del 2004. Il giorno successivo il Corriere della Sera ci fece un articolo, e gli altri giornali ne scrissero i giorni seguenti: in qualche modo, era una notizia, essendo quella che stava in carcere da sette anni innocente un po’ superata e priva di interesse. Da allora credo abbia fatto domanda e ottenuto altri cinque o sei permessi, alcuni dei quali senza poter andare a casa sua ma dovendo rimanere nella città di Pisa. In uno di questi partecipò all’organizzazione di uno spettacolo per i detenuti al Teatro Verdi e parlò sul palco del teatro pieno di spettatori. Uscirono articoli su alcuni giornali che la ritennero una notizia. Un’altra volta fu invitato all’inaugurazione del Maggio Musicale Fiorentino, e anche quella volta – meno, con minor risalto, la notizia si attenuava – la cosa fu citata da alcuni giornali. Due giorni fa, è uscito per un nuovo permesso accordato dal giudice di sorveglianza.

Bene. Ieri rispondo al telefono e si presenta garbatamente e con quel tono “tra colleghi” una “giornalista di Sky TG24” di cui non ricordo il nome. Mi dice se posso dirle due cose su “queste notizie di oggi” (o un’espressione simile). Io le chiedo quali, un po’ preoccupato. Lei mi dice che è uscita un’agenzia che dice che Adriano Sofri esce dal carcere e va a casa due giorni ogni mese. Io le spiego che mi pare una notizia ben strana, oltre che sbagliata. Le spiego che non esiste nessuna cadenza di questo genere, che i detenuti che ne hanno diritto possono chiedere a intervalli maggiori un permesso, e che a occhio e croce questo sarà il quinto, o il sesto da agosto dell’anno scorso, quando peraltro la cosa fu subito nota e uscì sui giornali, le spiego, ritenendo perdonabile che non abbia seguito proprio tutto. Lei mi chiede se sono con lui, se l’ho visto. Io le dico di no. Mi chiede quando l’ho visto l’ultima volta. Forse nei giorni di pasqua, rispondo: un po’ guardingo e vago deliberatamente, un po’ perché non mi ricordo con sicurezza. “Quindi avete passato il giorno di Pasqua insieme?”. Non mi pare una notizia fondamentale, e poi per le stesse ragioni di cui sopra le dico che “non sono sicuro fosse esattamente il giorno di Pasqua, o quello prima, o quello dopo”. Comunque, le ripeto, non capisco dove sia la notizia di oggi: è tutto già uscito. Ci salutiamo, e grazie, e immagino di averla demotivata a occuparsi di una storia che non c’è.

Ieri sera qualcuno mi racconta che la telefonata è andata in onda. Cioè, lei mi registrava, e non mi ha detto niente. Credo sia lecito, mica voglio querelarla, ma un po’ scorretto. Bastava dirmelo, avrei detto le stesse cose, probabilmente, magari avrei cercato di essere più chiaro. Magari aveva appena visto “Tutti gli uomini delpresidente” e si era un po’ immedesimata. Sì, lo so, sono imbarazzato io stesso dell’ingenuità di questa riflessione

Ma non è finita: forse avrete visto i giornali di oggi. Tralascio i moltissimi errori e balle che contengono gli articoli relativi, mi limito a restare sulla contraddizione di una notizia che non c’è. Repubblica, per dare un senso all’articolo, decide di definire questo permesso – in cui Sofri quello anziano è andato a una partita di pallone – la sua “prima uscita pubblica”. Che è notevole, se ricordate che era apparso sul palco di un teatro gremito quattro mesi fa. Il Corriere scrive un articolo che per metà dice che Sofri “va a casa due giorni ogni mese”, e per metà dice che questa notizia in realtà è stata frutto “di un equivoco”. Un equivoco, quindi. Il titolo dell’articolo è “Sofri fuori due giorni al mese”. Un po’ equivoco, no?

p.s. la giornalista di Sky TG24 mi ha chiamato per scusarsi. La ringrazio

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro
Penso positivo