Intorno al 2000, nelle scelte grafiche maggiori prevaleva l’uso di caratteri alfabetici fantasiosi, nuovi, vivaci. L’uso dei fonts sui computer e il recente avvento di internet aveva liberato la fantasia di molti e reso accessibili a tutti scritture divertenti e originali.
In questo contesto arrivò una scelta opposta: chi costruì la campagna elettorale per Silvio Berlusconi si inventò quei grandi manifesti – ormai leggendari – con il faccione del candidato e le sue promesse. Quelli di Meno tasse per tutti, per capirsi, poi imitati in mille fortunate parodie (Meno tasse per Totti, eccetera). La campagna fu vincente, come si sa, e dovette molto al carattere usato per quei testi: un carattere pesante e sobrio, piuttosto fuori moda, di forte impatto e drastica imperiosità. Nessun fronzolo, le scritte gialle sembravano uscite dal piombo di una tipografia. Funzionarono. E fecero scuola.
Vengo alla tv. Quello stesso carattere, o uno molto simile (questioni di copyright fanno sì che esistano mille varianti similerrime di ogni font) è diventato quello dei titoli di Porta a porta, e con le sue trasmissioni quotidiane è invecchiato. Mentre entrava in altre mille pubblicità veniva imitato da altri talkshow politici, raddoppiando l’effetto di già visto, e fuori tempo massimo: ora lo si vede nel programma di Maria Latella su SkyTg24 e anche alle spalle di Enrico Mentana nel neonato Matrix.
In questi giorni parte il nuovo Otto e Mezzo. So di un nuovo studio e una nuova sigla. Mi raccomando il carattere dei titoli.
Vanity Fair
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