Cosa mi aspetto dal domani

Caro Michele Serra, che siamo amici e ci vediamo spesso e nove volte su dieci sono d’accordo con le cose che scrivi e anzi le scrivi proprio bene (tutta ‘sta premessa è per quei tre che sono abituati a pensare il dissenso e le opinioni solo come risultato delle antipatie personali, e che poi mi scrivono perché-ce-l’hai-con-michele-serra?). Caro Michele Serra, sai che la tua rubrica di ieri era la cosa più cretina che tu abbia mai scritto?

“Disse acutamente Beppe Grillo, qualche secolo fa, che il razzismo sarà finito quando potremo dire che ci sono neri stronzi come i bianchi. Siamo, ahimé, ancora molto lontani da quel fortunato giorno. Arcigay e Arcilesbica protestano vibratamente contro il rude e vigoroso rapper Fabri Fibra, autore di una canzone nella quale si racconta di omosessuali molestatori. Embé? È proibito? Gli omosessuali, a differenza degli etero, sono tutti galantuomini?

Non c’è niente di più penoso del perbenismo delle minoranze: è un ricalco, inutile e ammorbante, del già ottuso perbenismo delle maggioranze. Il pregiudizio ha molte forme, una delle quali è l’eccesso stucchevole di prudenza formale con la quale ci si riferisce alle minoranze. Rivela pietismo, imbarazzo, paura di trattare (finalmente) con uguale dimestichezza le differenti identità. Che due gloriose associazioni per i diritti civili ragionino come quei comitatoni di genitori bigotti che ogni quarto d’ora si ergono a tutori della moralità pubblica, è un vero e proprio refuso culturale. Non si difendono le identità sessuali imbalsamandole in ritrattini edificanti.”

Potrei semplicemente dire che con questo argomento difenderai domani anche chi scriva una canzone dicendo su un ebreo taccagno, o su un negro che puzza o su un terrone sudicio, ma invece mi disporrò a spiegarti il dettaglio logico sbagliato che rende assurda la tua costruzione, degna di certi giornali leghisti. Nela frase di Grillo che tu citi, la possibilità di dare dello stronzo a un negro non è ciò che mette fine al razzismo, ma ne è un sintomo, della fine del razzismo. Non è che se tu domani dici “negro sei stronzo”, non esiste più il razzismo. Viceversa, vuol dire che solo quando non esisterà più il razzismo lo si potrà dire (e significherà allora che il mondo è normalizzato), e non prima.

Per essere ancora più chiari, se tu oggi rutti a tavola non significa che ci sia più libertà e tolleranza. Ma forse un giorno le nostre civiltà non condanneranno più il ruttare a tavola, e tu potrai farlo senza che questo sia un problema.

Bene. Si dà il caso che le nostre società oggi siano ancora molto omofobe e molto razziste, e che dunque si debba – come si dice – “tenere un po’ alta la guardia”: senza esagerare, senza diventare fanatici e integralisti. Ma evitando di fare ogni cosa che rallenti o addirittura ostacoli il percorso verso la fine del razzismo e dell’omofobia.

Se tu difendi ogni pirla che in quanto pirla si sente furbo a suggerire a milioni di ragazzi inclini all’omofobia – per cultura ereditata, per machismo, per età – che i gay siano dei molestatori, anche se lo fai perché quella mattina ti sei svegliato che ce l’hai con i tutori del politically correct, fai una cazzata. Perché il pirla deve essere libero di cantare quello che vuole, ci mancherebbe: ma chi gli dà del pirla ha ragione. Tu ieri non hai difeso la libertà di dire una stronzata: hai attaccato la libertà di criticare la stronzata. A meno che tu non voglia aspettare che qualcuno in qualche cittadina dell’evoluta Italia pesti a sangue un giovane gay, e gli trovino a casa i dischi del pirla. Che è quello che succede. In Francia dei delinquenti hanno sequestrato a scopo di estorsione, torturato e massacrato un giovane ebreo, raccontando poi alla polizia che l’avevano scelto “si sa che gli ebrei hanno un sacco di soldi e si aiutano tra di loro”.

Se poi preferisci l’obiezione breve, ti ripeto, pensa al caso in cui la comunità ebraica si lamenti di una canzone di successo che ha come protagonista un ebreo col naso adunco che molesta i bambini.

Repubblica

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