Diritto primitivo

Ricevo questa, che risponde alla domanda posta ieri, e soprattutto alla questione che implicava rispetto a fin dove si spinga la responsabilità oggettiva nel diritto calcistico italiano: all’infinito, direi.

“Caro Luca, per rispondere alla tua “ipotesi di lavoro” sull’ipotetico caso Buffon: probabilmente sì.

E, del resto, è quello che accadde qualche anno fa al Modena, penalizzato per responsabilità oggettiva a seguito del tentato illecito posto in essere da un suo tesserato (il calciatore Antonio Marasco) che, come risulta dagli atti, ha, infatti, “concretamente prospettato a Stefano Bettarini, tesserato della società Sampdoria, la possibilità di alterare il risultato della gara Modena-Sampdoria del 25 aprile 2004”. Si badi bene: tentato illecito. Come precisato dai giudici, infatti, “Non rileva, ai fini della integrazione dell’illecito sportivo che l’offerta illecita del Marasco non abbia trovato accoglimento presso il Bettarini”, in quanto la norma (art. 6 del Codice di Giustizia Sportiva) “non richiede che si sia realizzato uno degli eventi vietati, essendo sufficiente la messa in pericolo della regolarità della competizione sportiva”.

Questo risponde al fatto che, nel caso di scuola da te ipotizzato, Buffon non abbia subito alcun gol.

Per rispondere poi più specificamente alla tua domanda, in questi casi pagano le società: come ricordato sempre dal lodo del caso Modena, infatti, affermata la sussistenza dell’illecito sportivo, “sussiste, di conseguenza, ai sensi dell’art. 9 comma 1 in relazione all’art. 6 commi 1 e 4 c.g.s., la responsabilità oggettiva del Modena, quale società di appartenenza del tesserato”. A tal proposito, “il Collegio ritiene che a nulla valga allegare la presunta estraneità della s.p.a F.C. Modena al compimento dell’illecito” perché l’art. 9 suddetto “introduce, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, un’ipotesi di responsabilità oggettiva delle società per gli illeciti sportivi commessi dai propri tesserati. Si tratta di una previsione che, seppur criticata da più parti, trova una giustificazione nell’ottica della particolare autonomia dell’ordinamento sportivo e delle sue finalità”. La responsabilità oggettiva della società, dunque, presuppone che sia stato tentato un illecito sportivo da un proprio tesserato e, in tali casi, “alla società non è consentito di provare che all’illecito la medesima non abbia partecipato e lo abbia addirittura ignorato”.

p.s. questo il diritto. Poi, di fatto, questa è anche la ragione per cui i giuristi come me inorridiscono ogni volta che si trovano a dover commentare una sentenza di diritto sportivo. Che è un diritto ordalico, primitivo, senza certezza della pena e senza strumenti adeguati di difesa: gli stessi giudici mostrano indirettamente di non condividere le norme che applicano, ricordando però nel lodo che “spetterà eventualmente al legislatore federale, in una prospettiva de jure condendo, introdurre forme di esonero della responsabilità per quei soggetti che adottino ex ante modelli di organizzazione e di funzionamento idonei a prevenire la commissione di illeciti”.

Quindi, invece che sbattere i piedini, i condannati di questi giorni si rassegnino: ciò che è sbagliato non sono le sentenze, ma le norme. Cosa dovrebbero dire i tifosi del Genoa condannati per aver (forse) comprato una partita in cui nessuno degli attori in gioco (non solo i giocatori, ma anche l’arbitro, i guardalinee, il quarto uomo, il/i designatori) è stato non dico condannato, ma neppure deferito? Eppure lo scorso anno non ho visto interrogazioni parlamentari, ipotesi di amnistia e l’indignarsi a cui assistiamo oggi. Neppure (diversamente da quanto accade oggi) su autorevoli blog (potenza del tifo?).

Un pensiero particolare, poi, va ai tifosi della Juve e del Milan che, in anni brutti del calcio italiano (in cui tra fallimenti, fideiussioni false, passaporti taroccati, bilanci gonfiati e classifiche fatte, con scadenza quasi annuale, dai giudici ordinari) facevano spallucce crogiolandosi nelle loro vittorie: da anni in tanti hanno ipotizzato di riscrivere le regole (anche del processo sportivo) del sistema calcio ma i loro dirigenti, al contrario, continuavano a fare orecchie da mercante godendosi i soldi e i trionfi.

Il giorno della conquista del 29 scudetto la curva Scirea espose uno striscione: “il fine giustifica i mezzi”. Non potevano trovare definizione più azzeccata del processo sportivo e del sistema calcio. Lo hanno voluto e mantenuto: adesso se lo godono fino in fondo in tutte le sue aberrazioni giuridiche.

Saluti, V.”

p.s. anche Carlo Verdelli nell’editoriale di oggi sulla Gazzetta dello Sport risponde “sì” a quella che chiama la mia “provocazione”. Mi sembra quindi che siamo d’accordo: qualsiasi slealtà venga da un tesserato implica una punizione per la squadra, per il codice calcistico. Se non piace (a me pare un po’ illogico), lo cambino.

Abbonati al

Dal 2010 gli articoli del Post sono sempre stati gratuiti e accessibili a tutti, e lo resteranno: perché ogni lettore in più è una persona che sa delle cose in più, e migliora il mondo.

E dal 2010 il Post ha fatto molte cose ma vuole farne ancora, e di nuove.
Puoi darci una mano abbonandoti ai servizi tutti per te del Post. Per cominciare: la famosa newsletter quotidiana, il sito senza banner pubblicitari, la libertà di commentare gli articoli.

È un modo per aiutare, è un modo per avere ancora di più dal Post. È un modo per esserci, quando ci si conta.

Abbonamento mensile
8 euro
Abbonamento annuale
80 euro