Da un più lungo articolo di Sofri, quello anziano, sull’Unità di oggi:
“Resto brevemente all’indulto, avvertendo che scrivo mentre ascolto alla radio la discussione alla Camera, senza sapere come si concluderà, e paventando il peggio: essendo per me il peggio la frustrazione della speranza di decine di migliaia di miei simili boccheggianti nelle celle della repubblica. I contestatori metodici dell’indulto, capaci di mobilitare il “popolo dei fax” e delle mail e delle lettere (assai meno, come si è visto, e meno male, le persone in piazza), hanno evocato argomenti falsi, e, peggio ancora, ne hanno taciuti altri. Hanno proclamato che mai i reati finanziari e quelli contro la pubblica amministrazione erano stati inclusi nelle misure di clemenza: era falso . E’ comprensibile che possano esserne ignari profani come me, o come Eugenio Scalfari: non lo è per magistrati in servizio o in carriera politica, nè per trascrittori e portavoce abituali di documenti giudiziari. In particolare, quei reati non furono esclusi nel 1989-90, quando l’ultimo ampio provvedimento di clemenza, per farsi perdonare, scelse di bruciarsi i vascelli alle spalle, deliberando che d’allora in poi occorresse, per ogni misura di clemenza, la maggioranza introvabile dei due terzi. Osservo che quei vascelli alle spalle degli autoassolti erano delle galere, e ai remi erano incatenati i famosi poveri cristi che da allora, per più di quindici anni, sperarono invano in un alleviamento delle loro condizioni sempre più disumane, fino alla condizione attuale, coi detenuti più che raddoppiati. Un’altra piccola notizia i contestatori sdegnati si erano dimenticati di fornire: che Cesare Previti non è in carcere, che Cesare Previti non ci andrà mai più, che è agli arresti domiciliari in una casa (senz’altro confortevole: un attico di 250 metri quadrati, ho letto, per l’esattezza) in una delle più belle piazze romane, che può uscire due volte al giorno per quattro ore, e che dunque, quand’anche -come non è detto- l’applicazione dell’indulto gli offrisse l’affidamento in prova ai servizi sociali, la sua situazione non cambierebbe molto, e che infine nessun indulto lo libererebbe dall’interdizione perpetua dai pubblici uffici . Che dunque l’indignazione sul ricatto di Forza Italia in pro di Previti è fuori tempo, e largamente pretestuosa e demagogica. Dicono invece, i contestatori per rendita, che l’indulto impedirà di svolgere i processi, e addirittura che impedirà i risarcimenti alle vittime del lavoro: falsità assolute, e ciniche. (Così la notizia, ripresa dall’Unità ieri, sulla Eternit, che se fosse vera varrebbe per ogni processo del lavoro, dunque meriterebbe che si scendesse davvero in piazza: solo che non è vera). Infine, la cosa più di fondo che non dicono è che a loro importa poco di Previti, di Moggi, dei furbi del quartierino e di altre marionette della tragicommedia dell’arte italiana: importa loro che le decine di migliaia di disgraziati restino dove sono, come hanno tante volte sostenuto in passato, e importa loro di tenere in scacco il governo e la maggioranza parlamentare, e di prendersi una gran dose di primi piani. Ieri alla Camera l’Italia dei valori (ah, il nome!), che megafonava scandalizzata nella piazza, ha tranquillamente votato insieme ad Alleanza Nazionale e alla Lega. Nel breve tempo trascorso dalla vittoria elettorale ha minacciato di uscire dalla maggioranza se non avesse avuto un ministro per gli italiani all’estero, poi ha spalleggiato un suo esponente eletto coi soli voti del centrodestra Presidente della Commissione Difesa del Senato. Questo integerrimo partito fa ballare la maggioranza di centrosinistra, illude molti cittadini della propria intransigenza, trascina nella stagione politica nuova (e breve, brevissima, di questo passo) l’equivoco dell’eroismo antiberlusconista”
L’Unità
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