Uno comincia a fare una cosa…

L’idea era questa. Comprare un film o un telefilm su iTunes americano (ci vuole una carta di credito americana o una scheda prepagata di iTunes americano: mi sono procurato la seconda), scaricarlo, guardarlo sull’iPod fino a quando mi avesse retto la vista e poi fare un ragionamento sulla miniaturizzazione dei video, e sul dibattito in corso a proposito della visibilità di cinema e tv sui microschermi di telefonini e simili.

Così, ho comprato la prima puntata di “Studio 60 on the sunset strip”, la nuova serie della NBC ambientata dietro le quinte di uno show televisivo, e molto attesa soprattutto perché scritta da Aaron Sorkin, l’autore di “West wing” (ma malgrado l’iniziale entusiasmo di critici e e addetti, gli ascolti sono calati a ognuna delle sette puntate in maniera molto preoccupante per la rete). Un dollaro e 99, poi ho copiato tutto sull’iPod, e me ne sono andato sul divano, con le cuffie, intenzionato a una visione tecnica e critica.

“Studio 60” attacca formidabilmente: uno sgradevole responsabile della rete ha vietato al creatore del programma di mandare in onda uno sketch comico eccezionale ma che potrebbe offendere le associazioni religiose. Il responsabile (l’attore Judd Hirsch, veterano pluripremiato dei telefilm) prima cede, irritato, ma a metà del mediocre numero di rimpiazzo interrompe la diretta e si lancia davanti alle telecamere in una scatenata accusa contro la rete, la televisione, la nazione, nell’agitazione generale, fino a che non lo tagliano (è una citazione della famosa scena di “Quinto potere” con Peter Finch che invitava il pubblico a urlare “sono incazzato nero”). Hirsch è formidabile, il suo testo è formidabile, il montaggio tra lui e la regia e lo staff formidabile, la musica formidabile, la tensione formidabile. Arrivato alla fine della puntata, ho comprato la seconda (un dollaro e 99) e la terza (un dollaro e 99), e sono tornato sul divano. Un’altra volta vi dico di come si vedeva, sull’iPod.

Vanity Fair

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