Solo un inciso alla questione del rinnovamento anagrafico delle classi dirigenti: ho improvvisamente realizzato un dettaglio interessante. A proposito di quelli che hanno risposto dicendo: non si può chiedere agli attuali anziani leader politici di farsi da parte, sono i famosi giovani che devono dimostrare più iniziativa di quella avuta finora e prendersi il loro spazio.
Bene, è evidente che questa obiezione (legittima e fondata, e plausibile in tempi ordinari) presuppone che l’obiettivo della discussione sia la conquista di questi spazi, appunto. E che quindi ci debba essere un merito a premiare chi li conquista, uno “sporcarsi le mani”, un “darsi da fare”. Che in cambio del risultato si debba dare qualcosa.
È interessante, perché non era questa la mia priorità, e non è questo “il risultato”. La mia priorità è che le cose migliorino. Priorità talmente prioritaria da rendermi disponibile anche a pagare dei soldi di tasca mia (cosa che peraltro già starei facendo, come tutti), ad ingaggiare degli stranieri, a qualsiasi idea nell’ambito della legalità. A me è venuta questa: se funziona, chissenefrega se ha sovvertito i millenari schemi della rigenerazione della politica e premiato persone in gamba che finora avevano preferito fare altro (ammesso che sia un premio, poi, mettersi in politica: conosco più gente in gamba che non ci si metterebbe che sì). Gli schemi millenari non funzionano più, constatiamolo.
È buffo notare come anche per alcuni benintenzionati la gestione della politica sia vista comunque come un successo personale di chi la raggiunge, e come l’eventualità che un nuovo arrivato diventi leader del centrosinistra sia da valutare nei termini del “se lo merita o no” piuttosto che in quelli del “sarà meglio per tutti o no”. Gesù Cristo arrivò a salvarci tutti senza nessun curriculum (e guarda com’è finito, direte voi)
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