Il gene dell’accuratezza

Il capitolo 040 di Next, il nuovo romanzo di Michael Crichton (traduzione di Ilaria Mazzarotta):

Era una colazione di lavoro con alcuni deputati, a Washington. Il professor William Garfield dell’università del Minnesota stava spiegando “A dispetto di quello che avete sentito dire, nessuno ha mai dimostrato che un singolo gene possa essere la causa anche di un solo singolo aspetto del comportamento umano. Alcuni miei colleghi credono che, prima o poi, tale associazione potrebbe essere trovata. Altri invece pensano che non accadrà mai, poiché l’interazione tra i geni e l’ambiente è davvero troppo complessa. Tuttavia ogni giorno leggiamo sui giornali della scoperta di nuovi “geni di questo” o “di quello”, ma in realtà niente in questo senso è mai stato provato.”

“Ma di cosa sta parlando?”, disse un portavoce del Senatore Wilson: “Che mi dice del gene gay, che causa l’omosessualità?”

“E’ solo un fatto statistico. Non causale. Nessun gene, infatti, provoca un orientamento sessuale.”

“E che mi dice del gene della violenza?”

“Non è stato dimostrato nelle ricerche successive.”

“Ma un gene del sonno è stato segnalato…”

“Nei topi.”

“E il gene dell’alcolismo?”

“Non reggeva”

“E il gene del diabete, allora?”

“Fino ad oggi” – disse il Professor Garfield – “abbiamo identificato 96 geni che hanno a che fare con il diabete. Ne troveremo certamente degli altri.”

La stanza fu pervasa da un silenzio di sasso. Finalmente un portavoce disse, “Se per nessun gene è stato dimostrato un rapporto causa-effetto con il comportamento umano, che senso ha tutta questa discussione?”

Il Professor Garfield alzò le spalle, “Chiamatela leggenda metropolitana. O mito creato dai media. Date la colpa alla scarsa conoscenza in campo scientifico della gente, dal momento che tutti credono che i geni siano alla base del comportamento umano. Suona come una cosa che abbia senso ma, in realtà, anche il colore dei capelli o l’altezza non sono semplici tratti dati dai geni. E certamente non lo è l’alcolismo.”

“Aspetti un momento. L’altezza non è genetica?”

“Sì, se ci concentriamo solo su un singolo individuo. Se sei più alto di un tuo amico, probabilmente è perché i tuoi genitori sono più alti dei suoi. Ma più in generale, per quel che riguarda le popolazioni, l’altezza dipende dall’ambiente in cui si vive. Negli ultimi 50 anni, gli Europei sono cresciuti di circa tre centimetri ogni dieci anni. Lo stesso vale per i Giapponesi. E’ un cambiamento che è avvenuto troppo velocemente perché sia solo genetico. E’ un effetto interamente dovuto all’ambiente – la maggiore attenzione prenatale, nell’alimentazione, nella sanità, e così via. Gli Americani, infatti, durante lo stesso periodo non sono cresciuti affatto. Anzi, si stanno rimpicciolendo, molto probabilmente a causa della scarsa cura prenatale e delle pessime diete. Il fatto è che la relazione tra i geni e l’ambiente è molto complicata. Gli scienziati non hanno ancora capito bene come funzionino, i geni, e lo dimostra il fatto che non siano d’accordo su cosa sia un gene.”

“Cosa, scusi?”

“Gli scienziati,” disse Garfield, “non sono d’accordo sulla definizione di gene. Ne esistono quattro o cinque.”

“Credevo che il gene fosse la sezione di un genoma,” disse uno dei presenti: “Una sequenza di coppie base, ATGC, che codifica una proteina.”

“Questa può essere una definizione” disse Garfield. “ma è inadeguata. Perché una singola sequenza ATGC può codificare più proteine. Alcune sezioni del codice non sono altro che interruttori che ne accendono e ne spengono altre. Alcune sono spente finché non vengono attivate da uno specifico stimolo ambientale. Alcune sezioni si attivano solo durante il periodo di sviluppo, e poi mai più. Altre invece si accendono e si spengono costantemente nel corso della vita di un essere umano. Come ho detto, è complicato.”

Si alzò una mano. Il portavoce del Senatore Mooney, che riceveva importanti finanziamenti dalle compagnie farmaceutiche, aveva una domanda. “Professore, immagino che la sua sia una pozione minoritaria. La maggioranza degli scienziati non credo sia d’accordo con il suo concetto di gene. “

“In realtà è il contrario” disse Garfield. “e con buone ragioni.”

Quando il genoma umano fu decodificato, gli scienziati si stupirono della scoperta che contenesse solo 35 mila geni. Si aspettavano fossero molti di più. Dopo tutto, un semplice lombrico ne ha 20.000. Ciò significa che la differenza tra un essere umano e un lombrico è di soli 15.000 geni. Come spiegare allora l’enorme differenza che esiste tra i due?

Il problema si risolse quando gli scienziati cominciarono a studiare le interazioni tra geni. Per esempio, un gene può creare una proteina, e un altro può creare un enzima che rimuove parte della proteina, cambiandola. Alcuni geni contengono sequenze multiple di codici, separate da zone di codici insignificanti. Un gene potrebbe usare una qualsiasi parte di queste sequenze multiple per creare una proteina. Alcuni geni risultavano attivi solo se altri determinati geni erano stati attivati prima, o quando avvenivano un certo numero di mutamenti ambientali. Questo significa che i geni reagivano all’ambiente, all’esterno e all’interno dell’essere umano, più di quanto chiunque si potesse immaginare. E le multiple interazioni tra geni ci dicono che esistono altri miliardi di possibili risultati.

“Non mi stupisco” disse Garfield, “che i ricercatori si stiano muovendo verso quelli che prendono il nome di “studi epigenetici”, che studiano esattamente come i geni interagiscano per arrivare a realizzare gli esseri umani che oggi siamo. E’ un campo estremamente fertile.” Il professore cominciò a spiegarne le implicazioni.

Uno alla volta, i portavoce del Congresso finirono di mangiare e se ne andarono. Ne rimase solo un gruppetto, impegnati a controllare gli sms sui propri cellulari.

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