Una cosa efficace su Sanremo è stata scritta su un blog che si chiama Suzukimaruti: l’autore ha spiegato che molti degli spettatori che poi vengono conteggiati in quelle cifre da primato lo guardano con lo stesso atteggiamento e motivazioni di chi rallenta in autostrada per vedere l’incidente.
Il problema, con Sanremo, è che ogni critica, fallimento, crisi, fa a sua volta parte di Sanremo. Per chi ne abbia un’opinione equilibrata e pensi quindi che lo spettacolo sia noioso, le canzoni siano brutte, l’immagine vecchia e povera, non esiste alcuna speranza. Sanremo ingloba e inghiotte anche tutto questo, e anche l’annuale crisi degli ascolti. Ogni anno ci dicono che è andato peggio dell’anno prima (tutto va peggio dell’anno prima), ma intanto fa sempre numeri per cui chiunque lavori in televisione ammazzerebbe un parente. E li fa senza un’idea, senza un livello di qualità minimamente dignitoso, con battute e dialoghi che verrebbero scartati persino dal Bagaglino. Solo perché è Sanremo.
Quest’anno poi, con la crisi di governo, l’aria che tira, e quelli che cantano al teatro Ariston, l’immagine abusata del Titanic non è mai stata così verosimile. Una volta Sanremo era l’immagine dell’Italia: oggi è l’immagine dell’Italia di trent’anni fa, e l’Italia vi si adegua. Il problema non è Sanremo: il problema siamo noi, come ha scritto Massimo Gramellini sulla Stampa. Ci fermiamo a guardare l’incidente, e intanto tamponiamo quello davanti. Che ha tamponato quello davanti. L’unico che ride, è Pippobaudo.
Gazzetta dello Sport
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