Darsi una regolata

Dapprima i blog furono davvero la versione moderna di un diario, un elenco di appunti datati, in ordine cronologico inverso, che potevano contenere commenti personali a un determinato tema, progressi di una specifica esperienza, o links e citazioni raccolti nel resto della rete. Alcune società di software si accorsero allora dell’efficacia del mezzo e crearono dei programmi che permettessero a chiunque di gestire e scrivere un blog senza dover conoscere i linguaggi e i trucchi necessari a progettare un sito su internet. La svolta del loro successivo boom fu questa, un po’ ciò che la catena di montaggio Ford fu per la produzione automobilistica. E come per le automobili, la produzione in serie permise di aggiungere accessori e comodità al prodotto: nel caso dei blog uno degli accessori più rilevanti sarebbe stata la possibilità per i lettori di pubblicare anche loro un commento scritto sul blog, come se la pagina delle lettere dei giornali fosse riempita direttamente dai lettori e non avesse nessun limite di spazio.

Per il blogger – quello che tiene un blog – questo si aggiunge tra le altre cose, alla già grave responsabilità del contenuto di ciò che mette online: il suo “diario” è adesso compilato da tutti quelli che passano, molti dei quali anonimi. Questo, se da una parte può arricchire enormemente la qualità di ciò che viene detto e discusso e il confronto che ne deriva – creando un forum indipendente su ogni singolo appunto, o “post” – dall’altra implica che la rete si riempia di informzioni e commenti potenzialmente non verificati né verificabili, o persino calunniosi e pericolosi. Per questo molti hanno preso l’iniziativa di moderare o filtrare ciò che gli utenti del blog scrivono. È come con i telefonini: sono utili e rivoluzionari, ma al cinema è meglio spegnerli.

Gazzetta dello Sport

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