Imus in the evening

Alla fine la CBS ha licenziato Don Imus. Il vecchio conduttore radiofonico, titolare da 28 anni di una trasmissione del mattino spregiudicata e vivace, “Imus in the morning”, stavolta aveva esagerato. In una conversazione della settimana scorsa con alcuni ospiti in diretta, aveva ironizzato sugli opposti aspetti delle due squadre di basket femminile del college arrivate in finale di campionato. Le une, le vincenti, carine e ammodo; le altre, sconfitte, piene di tatuaggi, “delle troiette ricciolone”. Ha detto così. La pretesa ironia alludeva al fatto che quasi tutte le giocatrici sono ragazze nere con pettinature “afro”. Su Imus è venuto giù il mondo, ovviamente: e lui è stato costretto a reiterate scuse e ammissioni di colpa. Ma data la notorietà del personaggio, i suoi precedenti sopra le righe, e il seguito della sua trasmissione, la rete ha deciso prima di sospenderla e poi di chiuderla.

In realtà alla tv e alla radio americane si dicono spesso cose altrettanto spregevoli: in questo caso è stato toccato il nervo scoperto del mai risolto rapporto degli Stati Uniti con il razzismo nei confronti della minoranza nera. Ed è stato toccato da un vecchio bianco ex-marine con precedenti di razzismo, misognia e omofobia e l’aspetto da cowboy.

Viene da pensare a quali rischi del genere si possano correre in Italia, dove la radio è – malgrado la sua rinnovata popolarità – trattata da parente povero della tv, e dunque terra di grandi libertà. E dove comunque lo scandalo a parole, anche per ciò che avviene in tv, corrisponde a una sistematica pigrizia nei fatti: l’unica cosa davvero perseguita è la bestemmia, ovvero prendersela con l’unico che non si offende. No, ce n’è un’altra che non è tollerata: criticare l’inserzionista pubblicitario.

Gazzetta dello Sport

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