Sul cosiddetto “partito senza tessere”, Wittgenstein era favorevole ante litteram:
“Ma non penso ci debbano più essere, in un partito nuovo e moderno, le persone di quel partito. Sarebbe anacronistico, e superficiale, pensare oggi ancora a un partito come un luogo di appartenenza e di residenza, un motivo di identità e addirittura di affermazione di se stessi. I partiti, in questo secolo, saranno più trascurati dai loro elettori: ed è giusto che sia così.
Con questo non dico certo che le loro responsabilità siano diminuite: sono casomai accresciute dal non poter rifugiare la loro ragion dessere in quellidentità da stadio che nel bene e nel male li ha caratterizzati fino a oggi. E quindi non potranno sottrarsi al loro ruolo divenuto essenziale e prioritario di strumento per il miglioramento concreto delle vite delle persone, e del paese e del mondo in cui agiscono.
I grandi partiti dei regimi maggioritari e bipolari non sono infatti quella cosa di appartenenza e identità militante a cui è abituata la nostra vecchia politica, ma dei contenitori di idee, sensazioni e intenzioni molto diverse tra loro. Appartenere a un partito, o votarlo, non è più un tratto somatico, o identitario: è un mezzo, e non un fine”
Micromega (via iMille)
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