La lunga lettera di spiegazione del “caso Facci” da parte di Claudio Petruccioli, presidente della Rai, pubblicata oggi su Repubblica, fa acqua da parecchie parti. La versione per cui la querela nei confronti di Facci da parte della Rai sarebbe indebolita da un’ospitalità nei suoi confronti da parte di un programma Rai, l’abbiamo sentita mille volte in questi giorni, e può anche avere senso logico. Solo che la questione è un’altra, assai più difficile da smontare (quando vi spiegano che la terra è rotonda, o vi pensano idioti o stanno cercando di eludere questioni più complicate). Anzi, le questioni sono molte.
Uno – L’eventuale querela da parte della Rai non può tradursi in un’imposizione sui singoli programmi e sulla loro indipendenza. A meno di non sancire, per scritto e in prima pagina su Repubblica, che i programmi giornalistici Rai non hanno una loro indipendenza: ma questo petruccioli non l’ha scritto.
Due – Ciò che è in discussione non è il rapporto causa-effetto tra la querela e l’esclusione di Facci da AnnoZero: ciò che è in discussione è la querela.
Tre – Se come Petruccioli sostiene, ciò che è caro al CdA Rai è la tutela el buon nome della Rai e di chi ci lavora, pratichino questa tutela attraverso delle politiche aziendali che impediscano che tutto il paese la pensi come Filippo Facci. Chi è causa del suo mal, quereli se stesso. E Facci non è un impazzito sicario dell’opposizione (di cui la presente Rai è figlia, quindi è assurdo anche prenderlo come un attacco alla maggioranza) che dice cose per cui gli italiani sono saltati sulla sedia indignati: non ho letto in questi giorni un solo commento che dicesse “non è vero, la Rai è un’azienda sana e di cui andar fieri”.
E veniamo a quattro – Come dice oggi anche Gramellini sulla Stampa, la Rai non è di proprietà del CdA che la deve difendere dagli attacchi esterni. La Rai è di Facci, come di tutti noi. Facci ne è azionista. Il CdA deve rispondere a lui, a me e a tutti quanti. E se la rai riceve critiche, il dovere della Rai è obiettare a queste critiche con argomenti puntuali, e non battendosi il petto a forza di trombonerie sul grande patrimonio eccetera, oppure affrontare i problemi che legittimano queste critiche. Sono questi “gi interessi aziendali” di cui il CdA è chiamato a rispondere: non lo sciocco timore che chi lavora in Rai si senta offeso da Facci (così sciocco che lo stesso Petruccioli ammette che della rai “si può dirne tutto il peggio e di più”).
Non discuto il resto del pezzo di Petruccioli in cui disegna la rai vittima di attacchi ogni parte, mettendo evidentemente nello stesso fascio le critiche alla qualità del servizio e de contenuti e le lamentele interessate della politica: immagino le seccature a cui sarà sottoposto Petruccioli, ma a me e a facci e a molti di noi non sono imputabili le ingerenze della politica nella Rai. Petruccioli l’ha frequentata abbastanza – la politica – per sapere come trattarla. Ieri sera Monica Maggioni – che conduce il Tg1, mica una trasmissione di nicchia e avanguardia delle due di notte – ha detto che nascondersi dietro all’argomento che “la Rai è così, non ci si può fare niente”, è una viltà. Ognuno è responsabile della sua parte, su su fino alla presidenza del CdA
Siamo la Rai, vediamo di dimostrarlo
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