I numeri della radio

Poi non lo sanno in molti, ma anche la radio ha il suo Auditel, solo che si chiama Audiradio. E funziona in un modo un po’ diverso. A differenza dell’Auditel, che può essere messa in discussione solo se si mette in discussione la statistica (scelta legittima), Audiradio ha un margine di errore ulteriore che è lo stesso dei sondaggi o degli exit poll rispetto alle elezioni vere e proprie. Ovvero, i dati sono rilevati chiedendo alle persone cosa ascoltano. Per persone si intendono ventimila italiani presi ogni volta a caso – ma con criteri di distribuzione geografica, anagrafica e professionale – sopra gli 11 anni (non quelli che vivono all’estero, che pure con internet stanno diventando ascoltatori rilevanti). Degli impiegati telefonano agli ascoltatori campione e chiedono loro se il giorno prima hanno ascoltato almeno cinque minuti di radio: se quelli rispondono di sì, gli domandano cosa e a che ora. Sperando che l’intervistato ricordi quale fosse la stazione, o il programma, o l’orario. Poi tutto quanto viene “ponderato” con formule complesse: traggo queste informazioni dal ricco sito di Audiradio, che spiega anche i “limiti delle stime” e i margini di errore.

Essendo il procedimento un po’ macchinoso, i dati vengono aggiornati ogni due mesi: non si sa insomma, com’è andato un programma ieri. Si sa com’è andato di bimestre in bimestre, e quindi i confronti sono meno netti, e le variabili molte.

Da molti anni si parla di una tecnologia associabile agli apparecchi telefonici che rimuova la variabile dell’errore umano dell’ascoltatore intervistato: con le radio su internet, per esempio, il conteggio degli ascoltatori connessi è praticamente infallibile. Per ora, ci si tiene questo sistema: quelli che se ne intendono dicono che anche se non è fedelissimo, “mostra le tendenze”. Forse la radio ne gode persino, di non avere un Auditel

Vanity Fair

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