È più facile che un cammello passi su Current…

Cammelli. Molti cammelli. Mi ci sono voluti quattro giorni per superare l’effetto della tournée italiana di Al Gore e della sua tromboneria retorica e demagogica, e dispormi a guardare laicamente Current TV, la televisione che Gore ha inventato e che ha presentato nella sua versione italiana ospitata sul canale 130 di Sky. “Noi rispondiamo solo alle nostre coscienze”, “la risposta siete voi”, “in America c’è un problema di democrazia”, sono frasi che non annunciano un grande rispetto per l’intelligenza degli spettatori né una grande originalità creativa.

Al quinto giorno, quindi, mi sono sdraiato sul divano e ho premuto 130. Current TV è una televisione fatta con i contributi video del pubblico, elaborati da una redazione. Idea ormai non più rivoluzionaria, e soggetta a una meccanismo ancor più vecchio: se i video sono buoni, l’idea funziona; se sono cattivi si finisce di corsa sul successivo canale 132, “Fantasy”.

Di Current TV Italia sono buoni soprattutto i contenuti originali italiani, che raccontano pezzi di questo paese scartati dal resto della televisione. Professioni, passioni, storie, che suonano vere perché hanno elementi riconoscibili. Più banali i video ripresi dalla rete americana e doppiata: il tipico doppiaggio da canale Sky, spesso enfatico, ormai imprime un effetto sensazionalistico da “real tv” a qualsiasi cosa. Meglio i sottotitoli. Della Current TV italiana è bella gran parte della punteggiatura grafica – il timer dei video, gli stacchi – e deboli i contenuti della stessa punteggiatura: inutili informazioni e presentazioni che interrompono il flusso di storie e immagini, e accenti acuti al posto di quelli gravi. Si è presentata escludendo i video buffi di gatti dal suo palinsesto, ma molto di quel che mostra esiste già sui tradizionali canali di scienza e animali e fesserie: cammelli, delfini, piloti di rally, hula hoop. Però hanno appena cominciato, e con la collaborazione dei videomakers italiani possono metter su una buona cosa di giornalismo vero. Ma via i cammelli.
Vanity Fair

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