Se cominciamo così

Leggo su Repubblica, nell’articolo che cerca di capire se ci siano vere prove nei confronti di Del Turco a parte la testimonianza di Angelini, il seguente passaggio:

Scrive il gip Michela Di Fine (pagina 317 dell´ordinanza): «Le indagini non hanno sin qui evidenziato situazioni atte a riscontrare incassi diretti di denaro contante in conseguenza delle dazioni effettuate da Angelini. Ma tale circostanza non è assolutamente idonea a inficiare l’ipotesi accusatoria. Apparendo evidente come la prova della destinazione delle somme di persone operanti nel settore istituzionale non è agevole, potendo esse contare su rapporti personali che certamente consentono la gestione del denaro anche per interposta persona».

Roba da far rizzare i capelli, e non parlo dell’uso dell’italiano, perso ormai alla professione giudiziaria da tempo. Parlo della pretesa – non inedita nella storia processuale italiana – che l’assenza di prove si legittimi col fatto che sarebbe difficile trovarle. Leggetela con la calma necessaria a capire e vedrete che c’è scritto questo: è vero che non ci sono prove, ma stiamo parlando di casi in cui è difficile trovarle, e quindi l’accusa non ne ha bisogno.

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