Qualche mese fa, un sito americano di simpatie politiche conservatrici pubblicò un articolo su Obama. Come avviene in molti siti internet, i lettori poterono lasciare i propri commenti, e uno di loro si riferì al saluto pugno-contro-pugno usato pubblicamente dai coniugi Obama chiamandolo “il saluto alla Hezbollah”. Il commento voleva attaccare Obama su uno dei temi più usati dai suoi calunniatori, quello delle inventate simpatie islamiste del candidato alla presidenza, senza che in realtà esistesse nessun legame tra quel tipo di saluto e nessuna organizzazione musulmana.
Qualche giorno dopo, un commentatore di un altro giornale online americano citò l’espressione che aveva letto in quel commento, in un articolo che descriveva i modi in cui i giornalisti cercavano di definire il pittoresco saluto. Nel frattempo però il primo sito aveva rimosso quel commento perché lo aveva ritenuto offensivo e calunnioso. Ma l’espressione ormai circolava ampiamente, e altri giornalisti cominciarono a chiamarlo “il saluto terrorista”, con la consueta attenzione alle parole di molti giornalisti. Seguirono proteste e polemiche sui tentativi di associare Obama al terrorismo, e anche licenziamenti in qualche redazione, fino alle recenti liti sulla copertina del New Yorker in cui Barack e Michelle Obama sono ritratti mentre si salutano a quel modo, e vestiti da terroristi: con l’intenzione di ironizzare sulle accuse nei loro confronti, ma l’intenzione non è stata molto capita.
Così è andata, che dal nulla e da una cattiva volontà sia nata una storia ormai assunta come tale da mezza America (quello dei coniugi Obama sarebbe un saluto terrorista), e anche da noi, dove è stata ripresa da tutti i quotidiani.