L’emissione di un pensiero

In una struggente lettera al Corriere, Maurizio Gasparri cerca di spiegare (prima di tutto a se stesso) come mai sta battendo ogni record di presenza televisiva, riuscendo a comparire su tutti i canali in contemporanea come le quotazioni di Wall Street, parlando di qualunque cosa, dallo scioglimento dei ghiacci fino al prezzo del grano duro. In televisione, spiega Gasparri, è meglio andarci che non andarci. È il massimo del ragionamento articolato che quest’uomo sfinito riesce a produrre, nelle pause tra un round televisivo e il successivo. Lo aiutiamo noi a concluderlo: in televisione è meglio andarci se si ha l’urgenza di dire qualcosa di utile o anche solo di sensato. In tutti gli altri casi, il rischio è quello di muovere la bocca producendo dei suoni, operazione che non sempre coincide con l’emissione di un pensiero. Vero è che Gasparri si aiuta con un rudimentale sistema binario: qualunque sia l’argomento trattato, dice che il governo ha ragione e l’opposizione ha torto, applicando il metodo antitetico (bello-brutto, freddo-caldo, buono-cattivo) tipico delle scuole materne. Diciamo che alla fatica (quasi inumana: non deve rimanergli neanche il tempo per fare pipì e mangiare un panino) non corrispondono risultati adeguati. Meglio, e soprattutto più originale, sarebbe inalberare un cartello con la scritta “il governo ha ragione”. Oppure mimare la frase, e vedere se il pubblico indovina.

(Michele Serra, oggi su Repubblica)

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