Nella convinzione che l’azione politica si svolga tutta all´interno dello spazio mediale, ha nel PD più visibilità un demi-monde mediatico, blogger come Luca Sofri (44 anni), Diego Bianchi (38), Mario Adinolfi (37). Competenze? Pochine. Luca Sofri lo ha ammesso con onestà durante i lavori di una direzione (è tra le venti personalità indicate da Walter Veltroni). Sofri disse a brutto muso: «Sono qui a discutere come affrontare il secondo decennio del Duemila le stesse persone che non hanno saputo affrontare il primo e che erano qui nel millennio precedente» per poi concludere: «Non pretendo di spiegare a persone molto più esperte e competenti di me quali contenuti dare al presente e al futuro del Partito Democratico. Non sto parlando di contenuti e non sarei all´altezza di discussioni molto approfondite ed elaborate».
Chapeau! Ho l’impressione che, in assenza di competenze, i giovani che vogliono fare del PD, come scrivono nel loro blog (Uccidere il padre), «un partito moderno, democratico, laico e di sinistra» (e capirai che puntuta e illuminante freschezza), chiedono soltanto di togliersi dai margini, di farsi benedire e riconoscere sventolando appartenenza. È l’accorta pulsione, temo, che può spiegare la rimozione in quel partito di ogni conflitto politico per mano dei più giovani.
Su una cosa Peppe D’Avanzo ha ragione, nel suo lungo pezzo sui cosiddetti giovani in Italia: io non amo il conflitto. Nel senso che non mi piace litigare, e preferisco, con quelli che reputo in grado di capire le cose, spiegargliele piuttosto che dir loro “demi-monde a tua sorella”, come lui oggi meriterebbe.
E quindi visto che da poco, dopo una seccante tensione di qualche anno fa per via di alcune mie critiche al modo in cui il caso Rove-Plame-Miller fu raccontato da Repubblica, abbiamo avuto una serena e piacevole conversazione in mezzo a piazza del Popolo, mi limiterò a rispiegare – come a un bambino di sei anni, visto che stiamo parlando di giovani – alcune ovvie cose, che D’Avanzo capirà.
– la mia frase che lui riporta con fiero sarcasmo (tagliandone la conclusione, non irrilevante), convinto di aver dimostrato chissà che, sulla mia incompetenza rispetto ad alcuni temi sui cui i leader del PD sono più esperti di me, si riferiva da una parte ad alcuni temi, appunto – o dovrei dirmi più furbo di tutti in tutto, per accontentare D’Avanzo? – e dall’altra era naturalmente legata a un contesto in cui un minimo di rispetto – e mi sembra di averne avuto davvero minimo – per chi era lì da un pezzo era assolutamente dovuto e fondato. Avessi fatto diversamente, oltre a sbagliare e dire cose che non credo, oggi mi ritroverei con un articolo di D’Avanzo che critica la sfrontatezza saccente che avrei avuto nei confronti di persone più esperte e stimate di me: potete scommetterci.
– l’ipotesi per cui il rinnovamento generazionale che io – e non mi pare di essere solo – vado suggerendo, veda me come esempio di tale rinnovamento, è destituita da ogni fondamento nei miei pensieri. Io compio 44 anni tra qualche giorno, ho una vita soddisfacente e faccio cose che mi piacciono e che non voglio smettere di fare: sono stato fortunato. E non credo di essere capace di fare politica se non in questi modi da “demi-monde”, se anche mai ne avessi voglia. Usare le mie incompetenze contro il mio argomento è una sciocchezza: come criticare Gianni Mura perché non è forte a pallone.
– l’ironia di D’Avanzo sulle quattro caratteristiche che avrebbe dovuto avere il PD nei nostri desideri, quando con parecchi amici cercammo di occuparcene l’anno scorso, è degna figlia della modernità di analisi delle generazioni precedenti alla mia. Battuta facile, di repertorio, che il lettore superficiale condivide, e completamente priva di senso, come una risata che accolga una frase seria e vera, con imbarazzo successivo. Dire che il PD lo vorremmo “moderno, laico, democratico e di sinistra” è sì – caro mio – “illuminante”. Perché il PD non è ancora riuscito a essere nessuna di queste cose, e non sembra che i suoi leader le diano per scontate. Farci dell’ironia è come prendere in giro chi in questi giorni sostiene che bisogna difendere la scuola, o i diritti delle minoranze: “capirai che puntuta e illuminante freschezza”, gli direste invece tu, e Vittorio Feltri, per dirti il genere.
– la pretesa che non ci siano giovani che stanno impegnandosi, dando battaglia, eccetera, dentro e intorno al PD è smentita dallo stesso articolo di D’Avanzo. È smentita dal suo sfidarli: a chi si sta rivolgendo, se non esistono? Come è venuto a conoscenza delle loro istanze e pretese, se non si fanno sentire? Cosa crede che siano, tutte le cose che in molti andiamo dicendo e facendo da anni su questo tema, se non dare battaglia? E se lo sa, tutto il suo pezzo era in realtà una diabolica e illuminata strategia per sostenere questa battaglia e sollecitare maggior impegno? Magari. La verità, e lo dico con lucido psicologismo e senza voler offendere nessuno, è che il problema generazionale riguarda anche quelli come D’Avanzo e i suoi colleghi: a cui viene molto più facile rapportarsi con paternalistico e affettuoso atteggiamento ai ragazzi delle scuole, innocui ai loro occhi, che alla competizione adulta di quelli che stanno occupando i loro spazi con altre teste e altre visioni, e che sentono ormai inevitabilmente come loro simili. E con i loro simili, sono abituati a fare la guerra e ad applicare meccanismi superati: il conflitto, wow.
Le cose, cambiano.
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